lunedì 1 dicembre 2008

Uzbekistan

Avevo promesso di parlare dell’Uzbekistan. Nel lontano 1984 sono stato per la prima volta in Uzbekistan, quando faceva ancora parte dell’Unione Sovietica. Si doveva volare su Mosca, stare una notte e poi proseguire in volo per Tashkent o Samarcanda. Allora era tutto super-organizzato e super-controllato dalla vecchia ‘signora’ Intourist. Dall’aereo si saliva direttamente sul pullman che portava all’albergo. Le valige venivano prese, caricate sui camioncini e portate in albergo. I turisti stranieri avevano le loro sale d’attesa sia nelle stazioni che negli aeroporti. Era difficile mescolarsi con la gente. Allora, in Uzbekistan, non c’erano mercati e c’erano pochissimi negozi, a parte quelli di stato. Le visite erano incentrate sui monumenti. Oltre ai monumenti, ti portavano a vedere i campi di cotone oppure il deserto e cose del genere. Non potevi fare visite individuali ma bisognava seguire sempre la guida russa, la matrona. Era tutto ovattato, come stare in un guscio. Non c’era da preoccuparsi di niente. Nessun problema, se c’era un ritardo ti portavano da qualche parte per riempire il tempo. Gli alberghi erano fatiscenti, il vitto scarso e monotono, ma il fatto di essere a Samarcanda o Khiva o Bukhara sembrava un sogno.
Sono tornato in Uzbekistan diverse volte, ma sempre dopo l’indipendenza avvenuta nel 1991. Prima dell’indipendenza l’Uzbekistan produceva soltanto cotone. Dopo l’indipendenza, si è assunto il difficile compito di limitare la propria dipendenza dal mercato del cotone e di riportare il fertile suolo alla produzione agricola e abbandonare la monocultura.
Sono ritornato di nuovo quest’anno, 2008, e ho visto dei cambiamenti notevoli. Prima di tutto si mangia molto meglio, anche rispetto a cinque anni fa e gli alberghi sono notevolmente migliorati. Molti piccoli alberghi ‘charme’ sono stati costruiti a Bukhara e Samarcanda. Comincia ad esserci uno spirito imprenditoriale. A Bukhara siamo stati in un grazioso albergo in tipico stile uzbeko con il cortile interno. L’esterno non prometteva niente di buono, muri grigi e, di fianco, dei garage fatti di latta tutti sbilenchi. Ma questo è tipico delle case uzbeke, come nei paesi arabi, l’esterno di solito non ha finestre, appare fatiscente con soltanto un cancello d’ingresso quasi sempre chiuso. Tutto sembra molto delabré, ma l’ambiente all’interno è tutta un’altra cosa: un piccolo paradiso e rifugio di pace. Una partecipante del gruppo ha detto che sembrava di essere in una baita di montagna, anche per l’uso massiccio di legno nella costruzione. In passato andavamo in un grosso complesso alberghiero pieno di disfunzioni e problemi. I vantaggi di stare in una struttura più piccola sono diversi: essere nel centro storico, a pochi minuti dalla piazza centrale, l’atmosfera domestica, l’assenza di rumorosi turisti (come se noi non lo fossimo)!
Sotto l’Unione Sovietica non c’erano mercati. Oggi è tutto un mercato, è addirittura eccessivo. Molte ex-madrase o scuole coraniche sono diventati dei grandi bazar. Ovunque ci sono mercati e negozi, negozi e mercati. L’artigianato uzbeko è bello e vario ed è parte della sua cultura, ma potete immaginare come le nostre signore fremevano? Si fermavano continuamente per guardare le merci. "Quando riusciremo a fare compere?" Dicevano in coro! Non riuscivamo ad andare avanti con le nostre visite programmate!
Il centro storico del khanato di Bukhara è un gioiellino. L’unica cosa che trovo noiosa è la cittadella, l’Ark, il nucleo originario della città. Nel 1920 un incendio distrusse tutti gli edifici in legno. La ricostruzione è avvenuta sulla base di documenti di archivio. Colpiscono l’ingresso alla cittadella e le mura, ma c’è poco da vedere all’interno: un museo non particolarmente interessante. La cosa più bella di Bukhara, tra i monumenti più belli dell’arte islamica, è il mausoleo samanide, costruito in mattoni. C’è da perdere la testa per la sua bellezza e armonia.
Si associa Samarcanda con Tamerlano, che la scelse come sua capitale, incontro tra mondo greco e indiano, già abitata da Alessandro Magno ed emporio tra i più importanti sulla Via della Seta. Il famoso Registan è un’immensa piazza con monumentali scuole coraniche sui tre lati, in cui è stato fatto un massiccio intervento di restauro. All’interno di uno degli edifici sulla piazza del Registan è stato allestito un museo interessante dove si trovano vecchie foto di Samarcanda, che mostrano com’era ridotta la piazza e i suoi monumenti.
Il monumento di Samarcanda che mi piace di più è la necropoli monumentale. Peccato che sono intervenuti così massicciamente nei restauri. Mi piaceva quando era in rovina… c’era un’atmosfera straordinaria che ora, in parte, si è persa. Anche gli affreschi dell’antica città di Afrosiab sono eccelsi.
Quest’estate abbiamo girato molto in pullman, probabilmente è l’unico modo per vedere bene un paese. I paesaggi uzbeki, in generale, non sono esaltanti. Dopo aver attraversato lo Sinkiang (Turkmenistan cinese) e la repubblica Kirghisa, dove i paesaggi sono spettacolari, l’Uzbekistan sembra monotono. La valle di Fergana, circondata dalla Republica Kirghisa e dal Tagikistan, è una valle fertilissima e densamente popolata, circondata dalle catene montuose Tien Shan e Pamir, nota per la famosa leggenda dei cavalli celesti di Fergana, cavalli nati dall’accoppiamento tra draghi e giumente e tenuti gelosamente nascosti dalla popolazione locale, poiché con il loro possesso si può salire in cielo e perseguire l’immortalità. La valle assomiglia un po’ alla Val Padana, anche per il suo clima.
Per arrivare alla capitale Tashkent da Fergana si attraversa una catena montuosa non particolarmente ridente lungo un corridoio tra il Tagikistan e il Kazakistan. Dall’altra parte del paese, ad ovest, il paesaggio tra Khiva e Bukhara è desertico, uniforme e direi triste, ma il fatto di costeggiare e vedere dall’alto il fiume Oxus (Amudarya) riempie il cuore di gioia, anche se la siccità ha ridotto il fiume ad un rivolo. Un’altra volta vi parlerò di Termez, al confine con l’Afghanistan.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Molto interessante!

Anonimo ha detto...

Ho partecipato anch'io a questo viaggio e aspetto con ansia il seguito della cronaca di Mike che me lo fa rivivere. Il viaggio è stato lungo. Temevo di stancarmi (sono una futura-prossima "giovane marmotta"), ma tutto quanto abbiamo visto è stato così interessante e la compagnia così simpatica che i giorni sono passati anche troppo in fretta e la fatica non l’ho proprio sentita. Abbiamo visto cose magnifiche, ma ci siamo anche divertiti andando in giro con carretti trainati da somarelli, difendendoci dal sole veramente forte (specialmente a Urfa) con ombrellini e dormendo a Sari Tash in una casa privata per terra su sottili materassini!! D’altra parte credo che un viaggio con l’assistenza culturale del professor Giovanni Curatola e con Mike, infaticabile guida tecnica (penso che non abbia dormito più di 2 ore per notte!!!) non possa che riuscire ottimamente.Anch'io faccio come Mike. Lascerò un altro commento prossimamente. Carlina.