mercoledì 15 dicembre 2010

RUSSIA


Quest’estate c’è stato un caldo eccezionale in Russia soprattutto nei pressi di Mosca. Siamo arrivati a Mosca il 2 agosto e c’era fumo nell’aria a causa degli incendi. Ci siamo subito trasferiti a Sergiev Posad (Zagorsk) da dove iniziava il viaggio. Abbiamo avuto un paio di giorni di fumo nell’aria anche se gli incendi erano abbastanza lontani da dove eravamo noi. Sembrava una densa foschia ma si sentiva l’odore di fumo nell’aria. Gli incendi sono stati provocati non soltanto dal caldo intenso ma soprattutto per la mancanza di precipitazioni. Tutti i pantani nel bosco si sono asciugati e la torba è diventata gialla e secca. Bastava una scintilla per iniziare un incendio. Nella prima parte del viaggio siamo arrivati al lago dove si trova il paesino di Belozersk… nella foschia sembrava un mare senza confini. Sulla spiaggia di sabbia finissima c’erano decine di persone in costume da bagno a prendere il sole e tantissime in acqua. Sembrava di essere sulla costa romagnola in agosto. L’unica eccezione è che qui ci sono soltanto piccole case di legno e non palazzoni! E’ stata una scena stranissima da vedere così a nord verso il circolo polare!

Viaggio veramente indimenticabile quest’anno in Russia. Abbiamo risentito del clima torrido fino a quasi le isole Solovki, nel Mar Bianco. Le isole sono affascinanti e tristi, sferzate dal vento. Nell’isola principale dove si trova il Cremlino la vegetazione è abbastanza fitta (pini e betulle) ed è piena di laghetti che si collegano tra di loro. Eravamo in un alberghetto nel bosco tutto in legno vicino a uno di questi laghetti, una sistemazione semplice ma pulita. I laghi e laghetti in Russia sono neri, un nero pece da film di Harry Potter. Fa impressione. La ragione per cui sono così scuri è per via della torba che copre il letto del lago. Il nostro alberghetto non aveva il ristorante neppure per la prima colazione. Dal nostro albergo dovevamo fare quasi 3 km per arrivare al ristorante. Avevamo un pullmino scassato che ci portava avanti e indietro ma la passeggiata era molto piacevole. Il ristorante si trova nel centro del paese non lontano dal Cremlino. Eravamo sempre lì per la prima colazione, per il pranzo e per la cena. E’ stata una soluzione molto simpatica comunque. Il servizio era talmente veloce che a momenti servivano il caffè prima della pietanza! Verso la fine del nostro soggiorno sulle isole abbiamo saputo che il ristorante faceva parte del gulag! Infatti l’isola è tristemente nota per il suo gulag. Con un decreto firmato da Lenin, gli edifici del monastero furono espropriati e riconvertiti in Solovkij Lager' Osobogo Naznachenia, cioé «Campo per scopi speciali». Un campo di lavori forzati fu aperto, in una delle isole, nel 1920 dai bolscevichi per i prigionieri della guerra civile. Le isole furono scelte come luogo di detenzione di prigionieri politici in seguito ad un avvenimento accaduto nel 1923: in quell'anno, in una prigione a Vjatka (Oblast di Kirov), alcuni reclusi avevano inscenato una protesta clamorosa dandosi fuoco. Il fatto provocò una profonda emozione nella società russa. Il governo decise allora di trasportare i prigionieri in luoghi di detenzione il più possibile lontani dalle città. Il primo contingente di detenuti politici, cinquecento, arrivò nell'arcipelago nel giugno del 1923. Uno dopo l'altro, vennero aperti campi di detenzione su tutte le isole. Negli anni seguenti, oltre agli oppositori politici, furono inviati alle Solovki criminali comuni, religiosi, e membri dell'alta società zarista.
La traversata da Kem, sulla terraferma, alle isole dura circa 2h30/3h. Si viaggia in vecchi battelli forse ancora su quelli che portavano i prigionieri sull’isola negli anni venti e trenta! Comunque sia è un posto che non si dimentica facilmente.

ESPERIENZA DI VIAGGIO IN INDIA: ANDHRA PRADESH


Giornata movimentata. Partiamo alle 7.30 per Palampet. Troviamo numerose dimostrazioni pro-Telangana lungo il percorso. Il governo centrale dell’India ha deciso di creare un nuovo Stato dividendo l’Andhra Pradesh in due: Telangana e Andhra. Il Telangana sarà il 29° Stato dell’Unione Indiana. La decisione presa è la conclusione di un processo di cinquanta anni di rivendicazioni. Telangana è la regione attorno all’attuale capitale dello stato dell’Andhra comprendente 10 dei 23 distretti. Storicamente e culturalmente è sempre stata separata dai distretti costieri benché abbiano la stessa lingua, il telugu. Telangana apparteneva al regno musulmano del Nizam, mentre i distretti dell’Andhra erano amministrati direttamente dall’Impero britannico. Dopo che il regno del Nizam, che voleva rimanere indipendente, è stato invaso e annesso dall’esercito indiano nel 1948, è stato creato uno stato separato di Hyderabad. Ma nel 1956 i confini degli stati indiani sono stati ridisegnati in base a un criterio linguistico. La parte dello stato di Hyderabad che parlava marati venne annessa al Maharashtra; un’altra parte al Karnataka. La parte che parlava telugu, o Telangana, è venuta a formare lo Stato dell’Andhra Pradesh assieme ai distretti costieri staccati da Madras. Il movimento per un Telangana è andato intensificandosi nel 1969. All’inizio era un movimento studentesco con base nell’università Osmania; nel 1969 è divenuto un movimento popolare.

Saltiamo il pranzo per mancanza di tempo e compriamo delle banane. La fatica, dopo cinque ore di pullman, è però ricompensata. Per via delle dimostrazioni, inneggiamo pure noi al nuovo stato, non tanto per solidarietà, ma più che altro per poter intenerire i dimostranti e passare le barriere! Il tempio di Ramappa di Palampet (dinastia Kakatiya 1110-1326) è stupendo, situato com’è in un piccolo villaggio rurale. Il tempio poggia su un alto basamento, simile a quelli dell’epoca degli Hoysala e del tardo periodo dei Chalukya. Bellissime le colonne di basalto all’interno del mandapa e le grandi figure aggettanti di sostegno. Al ritorno verso Warangal incontriamo lungo la strada centinaia e centinaia di bufali che rientrano al tramonto. Riusciamo a vedere anche il tempio di Hanamkonda a Warangal dedicato alla triade Shiva-Vishnu-Surya ma sta già imbrunendo. Il rientro a Hyderabad non presenta problemi, i dimostranti sono a cena. Arriviamo in albergo alle ore 22 per consumare una ottima cena a buffet.

ESPERIENZA DI VIAGGIO IN INDIA


È da un po’ che non scrivo e mi dispiace. Sono stati mesi particolari anche sul lavoro. Sono appena rientrato dal Giappone, un viaggio indimenticabile. Magari ne parlerò un’altra volta. Ora torniamo alla mia amata India.

Dovevamo partire alle 7:30 da Khajuraho ma l’agenzia locale ha insistito per farci partire presto per via della festa “Holi” e la possibilità di essere fermati lungo il percorso nei villaggi ed essere spruzzati dai malefici colori della festa.

Holi è la festa dei colori. È uno dei momenti più attesi dell’anno. Si celebra tra la fine del mese di febbraio e l’inizio di marzo, nel primo plenilunio che per il calendario indiano segna il passaggio dall’inverno alla primavera. E’ una festa collettiva che coinvolge tutti. Consiste nello spruzzarsi reciprocamente con acqua mista a polveri di colori trasformandosi in veri e propri arcobaleni e nel bruciare in un grande falò la demoniaca Holika.

L'origine dei festival si perde in diverse leggende della mitologia indiana. Le prime testimonianze si trovano incise su una pietra ritrovata a Ramgarh. I significati simbolici di questa festività della Primavera sono molteplici, legati alla stagione della rinascita del rinnovamento, alla fertilità (buoni raccolti, salute per gli animali, la vittoria del bene sul male ecc.). Nella tradizione della medicina ayurvedica l’uso del colore è una vera terapia che costituisce per la psiche e l’umore una fonte di buon umore e benessere.

Partiamo così alle 5 per Orccha. Percorriamo dei bei paesaggi campestri con l’alba che comincia ad illuminare le campagne e i piccoli villaggi lungo il percorso. Vediamo le donne rientrare dalla fonte con vasi d’acqua sulla testa. Nessun intoppo, i ragazzi dei villaggi sono ancora a letto. Arriviamo presto ad Orccha verso le 9:15. Orccha fu capitale dei re Bundela fondata nel 1531. Iniziamo le visite alle 9:45.visitando i 14 chhatri (cenotafi) dei governatori, proprio di fianco all’albergo e poi il fiume Betwa. Si rientra in albergo per prendere possesso delle camere e quindi si esce di nuovo, questa volta in pullman, per visitare il tempio di Chaturbhuj dedicato a Vishnu. Sembra di entrare in una moschea: ha sale immense. Impressionante la guglia svettante. Dopo pranzo riprendiamo il pullman per raggiungere il tempio di Lakshmi Narayan, noto per le sue pitture con scene religiose e civili. In seguito visitiamo i due palazzi sull’isolotto circondato dal fiume Betwa, Rajah Mahal e Jahangiri Mahal, eccellente esempio di architettura rajput Bundela costruito in onore dell’imperatore moghul Jahangir. Il palazzo squadrato in arenaria rossa è molto elegante. Bellissima la porta d’ingresso (di dietro rispetto all’ingresso attuale) affiancata da elefanti di pietra. Insomma un’altra giornata di grande soddisfazione.

giovedì 29 luglio 2010

RICORDARE RAKAPOSHI E LA CATENA DEL KARAKORAM IN PAKISTAN


Ogni estate la mia mente e soprattutto il mio cuore mi portano a pensare alla catena Karakoram, una delle splendenti catene montagnose del Pakistan e del mondo. Ne ho parlato più volte nei miei racconti. Gesù disse nel Vangelo che “la bocca parla dall’abbondanza del cuore” ed è proprio vero! È un pensiero fisso, quasi ossessivo, ma vi assicuro la bellezza della catena è mozzafiato. Il percorso da Islamabad al confine cinese è un sogno dove si trovano le più alte e le più potenti vette della terra. Prima del 1860 si sapeva pochissimo delle sue svettanti cime, dei suoi profondi orridi e delle bellissime valli idilliache ivi nascoste. È vero, di lì passarono monaci buddhisti tra il V e il VII secolo d.C., ma il loro peregrinare non fu noto fino alla seconda metà del 19esimo secolo. Ancora non si sa con esattezza il percorso che seguirono questi monaci. Ci sono testimonianze lungo il Karakoram, a Chilas e a Gilgi,t di petroglifi e graffiti rupestri lasciati da invasori, commercianti e pellegrini che mostrano animali, uomini stilizzati, scene di caccia (dove gli animali sono più grandi degli uomini). Uno in particolare che colpisce è l’incisione di uno stupa buddhista. Marco Polo attraversò i Pamir da Balkh a Kashgar passando nelle vicinanze del Karakoram nel XIII secolo d.C. e i suoi racconti furono conosciuti dai viaggiatori del diciannovesimo secolo anche se scrisse soltanto alcune pagine su questa parte del suo viaggio. Il primo individuo che cercò di esplorare questa zona fu Godwin Austen nel 1861, Surveyor-General del Governo Britannico in India. Esplorò la regione del K-2 e trovò un passaggio verso il K-2. Un pochino più tardi furono esplorati Chilas, Gilgit e Chitral. Nel 1887 Sir Francis Younghusband raggiunse il passo Muztagh e per la prima volta scoprì i più grandi ghiacciai attraversando Hispar e Biafo fino a raggiungere il capo di Baltoro. Nel 1909 il Duca d’Abruzzi esplorò i ghiacciai intorno al K-2 tanto che una delle facciate del K-2 è ancora conosciuta come Abruzzi Ridge (Cresta Abruzzi). Il fatto è che la catena del Karakoram è difficile da raggiungere, ben nascosta e protetta da immani barriere montagnose: l’Himalaya a sud-est, Hindu Kush a sud-ovest, la catena Kun Lun cinese a nord, i Pamir a ovest e l’alto e desolato plateau del Tibet a est. Per secoli il Karakoram è rimasto inaccessibile! Questa catena è fenomenale. Mentre altre catene possono essere penetrate, conquistate da reti stradali e ferroviarie, non è così nel Karakoram dove ci sono poche strade che sono difficili da tenere aperte per frequenti smottamenti, frane e slavine. È assolutamente impossibile costruire una ferrovia. Infatti queste montagne sono così maestose che possono essere sorvolate ma non scavate o imbrigliate, possono essere occasionalmente scalate ma mai addomesticate, tracciate ma raramente attraversate. Una delle montagne più potenti del Karakoram è Nanga Parbat (8125 m) chiamata dai locali Diamir, che significa dimora degli dei. Nanga Prabat (sembra una catena montagnosa anziché una vetta) è avvolta da leggende spettrali ed è chiamata la montagna-assassina anche perché decine di alpinisti hanno perso la loro vita tentando di scalarla. Potrei andare avanti per ore, ma credetemi il paesaggio è talmente avvincente ed emozionante che ti prende nel profondo. La natura è sovrana ma non dimentichiamo della gente che vive in questa realtà. Le valli sono coltivate a orzo, avena e miglio e ci sono allevatori di bestiame. Ci sono dei gruppi che conducono una vita nomade e semi-nomade. Sono dediti ad allevamento di yak, pecore e capre. Circa il quaranta percento della popolazione nella zona di Gilgit e del Batistan professa l’Islam ismailita (ismaili) una ‘variante’ sciita moderata e moderna che fa capo all’Agha Khan come capo spirituale. Il trentanove percento sono sciiti e il diciotto percento sunniti. Ci sono dei grossi contrasti e attriti ma ne ho già parlato in racconti precedenti. Prossimamente andrò in Karelia con un nostro gruppo. Se non riesco a scrivere un altro racconto prima della fine del mese di luglio ci sentiremo alla fine di agosto!