martedì 24 marzo 2009

Dal Ningxia al Gansu

Continuiamo a parlare di Cina. Dalla provincia autonoma del Ningxia si raggiunge Lanzhou, capitale del Gansu. Lanzhou è una grande città industriale, inquinata e malsana, estesa lungo la sponda superiore del fiume Giallo. La città non offre praticamente niente, dico praticamente, perché c’è un museo di prim’ordine. Vale la pena di passare per Lanzhou per visitare il Gansu Provincial Museum, che è stato recentemente riallestito. Il museo è famoso soprattutto per la scultura bronzea chiamata ‘il cavallo volante’, un cavallo che con lo zoccolo anteriore calpesta una rondine in volo. Strepitoso! Ci sono anche notevoli ceramiche e una collezione stupenda di sculture lignee.
Nelle vicinanze di Lanzhou si trovano le grotte buddhiste di Binglingsi. Non sono le grotte più belle della Cina ma il luogo è magico. Il paesaggio è imperdibile. Si prende una motolancia o un battello da un lago artificale che poi si immette nel fiume Giallo. Si chiama il bacino di Liujiaxia, che si staglia sul percorso del Fiume Giallo. Le acque del fiume Giallo sono veramente gialle e fangose grazie a tutti i sedimenti del loess, un sedimento eolico, che viene cioè originato dal trasporto e dalla deposizione di particelle da parte del vento. Ciò causa la particolare selezione granulometrica che lo caratterizza. Le montagne che si innalzano dal fiume hanno forme bizzarre e il colore della roccia (arenaria rossa) riprende il colore dell’acqua. La passeggiata dall’attracco del battello fino alle grotte è fenomenale. Si snoda lungo la montagna, rialzata rispetto all’insenatura.
Anche Binglingsi vanta un buddha gigante. È sì grande, ma non particolarmente elegante. Ci sono decine di nicchie sulle pareti della montagna, alcune con affreschi. Si dice che le sculture più antiche si trovano in alto, dietro il grande buddha. Si intravedono dal basso. Si vedono anche le belle apsare, questi esseri svolazzanti simili ad angeli. Bisogna pagare una bella somma per andare su. Direi che è una specie di aiuto finanziario per il mantenimento delle grotte (oppure va in tasca ai custodi?). Le autorità rialsciano una regolare ricevuta su carta di riso tutto scritto in cinese. Ma è molto pericoloso salire perché le scale di legno che raggiungono le sculture sono verticali e ci sono diverse rampe. Non bisogna soffrire di vertigini e bisogna essere molto atletici più per scendere che per salire. A parte questo particolare, vorrei ribadire che è un posto magico. Verso sera poi, quando il sole comincia a tramontare, tutto si tinge di rosso: il cielo, il fiume, le montagne, le sculture!
Riprendiamo la strada verso sud. Si entra in una zona tibetana chiamata Gannan. L’atmosfera cambia. L’ingresso è segnato da un piccolo tempio tibetano e tante bandiere di preghiera che annunciano l’arrivo in questo lembo tibetano del Gansu. Si sale fino a raggiungere Langmusi (3000 metri slm) a cavallo tra il Gannan e la provincia del Sichuan. Il villaggio è molto bello, sono tutte case basse con tegole di legno e muri fatti di fango e paglia dipinti di bianco. Ci sono due importantissimi monasteri. Nel 2001 non c’erano alberghi, soltanto dormitori. Dovevamo dormire in tenda ma piovigginava, le strade non lastricate erano fangose e il terreno zuppo d’acqua. Era già notte. Così decisi di dormire in una ‘guest-house’. Sono andato ad ispezionare due dormitori entrambi passabili (passabili per forza, non c’era altro) per la notte, comunque molto meglio che dormire in tenda con l’umidità e freddo. È stata un’esperienza che non si dimentica facilmente, anzi col tempo è diventata un mito. Abbiamo mangiato in un vecchio caffè (con le nostre scorte) e alla sera abbiamo incontrato un gruppetto di monaci. È stato un incontro molto simpatico e divertente.
Da Langmusi, per arrivare a Songpan nel Sichuan, si attraversano praterie di alta quota a perdita d’occhio. D’estate ci sono gli alpeggi, e, non esagero, ci sono migliaia di capi di bestiame tra yak, mucche e pecore. La prateria è disseminata di tende e uomini a cavallo. S’incontrano anche dei villaggi tibetani, poche case, ma di grande suggestione. È un percorso talmente bello che viene un nodo alla gola per l’emozione. Penso spesso a questo episodio: durante il viaggio ci fermiamo per una “sosta idraulica” e davanti al pullman si ferma un bellissimo esemplare di lupo. Ci osserva incuriosito, rimane fermo per qualche minuto e poi se ne va.
Non so se la poesia cinese che segue si riferisce a questa zona, non credo, ma l’amore che provo per questa terra si raccoglie in questi pochi versi: ‘quando nella terra del sud sui rami splenderanno quelle rosse bacche di primavera, prendine per me una bracciata, e a casa portala: simbolo sarà del nostro amore’.
Nelle vicinanze di Songpan si trova il parco di Huanglong. È molto gettonato, arrivano flotte di pullman da Chengdu, dal resto della provincia e dall’intera Cina. Il segreto è andare presto. Il paesaggio è incantevole. È una passeggiata lungo un percorso prestabilito, attraverso bacini terrazzati di calcare colorati di turchese, giallo, verde e bianco. Salendo lungo il sentiero si ha davanti una bellissima montagna innevata. Col sole è spettacolare. Con la pioggia è bello lo stesso ma, ahimè, la montagna si nasconde. È organizzato come un parco americano. Anche con migliaia di visitatori cinesi il paesaggio rimane intatto e spettacolare. Scendere poi verso Chengdu non è facile perché la strada è spesso interrotta per frane.
In seguito al terremoto del 12 maggio 2008, con epicentro nella contea di Wenchuan e di magnitudo 7,8 della scala Richter, l’autostrada nuova che stavano costruendo a mezza montagna è stata danneggiata. Non so com’è la situazione attuale. In un articolo che scrissi nel maggio del 2008 ho parlato di questo disastroso terremoto e non posso non ricordare le migliaia di persone che sono state sepolte dalle macerie e dal crollo della montagna, alcune delle quali probabilmente avevo conosciuto. Parlerò ancora della Cina, ma la prossima volta tornerò all’India, la mia passione!

lunedì 16 marzo 2009

Ningxia

Lascio l’India momentaneamente, come promesso, perché vorrei parlare della Cina e di un viaggio indimenticabile.
Il Ningxia è probabilmente una delle province cinesi meno conosciute. La prima volta che ci sono andato, con i miei amici di Viaggi di cultura, ho preso l’aereo da Pechino per Yinchuan, la capitale della provincia. La destinazione finale del volo era Dunhuang, nella provincia del Gansu, famosa per le sue meravigliose grotte buddhiste. Siamo scesi dall’aereo a Yinchuan e ci siamo incamminati verso l’areoporto, ma non si capiva dove andare. Poi vedo delle persone in uniforme gesticolare animatamente per farci tornare indietro e risalire sull’aereo. Pensavano che avessimo sbagliato destinazione e che dovessimo raggiungere Dunhuang. Dopo qualche insistenza finalmente hanno capito che Yinchuan era la nostra destinazione! In altre parole nessun turista, almeno allora, visitava questa piccola provincia.
Il Ningxia è una regione autonoma al confine con la Mongolia Interna. Qui si trova una maggioranza islamica, gli Hui. Sembra strano trovare una popolazione musulmana in mezzo alla Cina! Bisogna tornare indietro un bel po’ nel tempo per capire la situazione. Nell’XI secolo i Tanguti stabilirono la dinastia degli Xia occidentali (Xixia è il nome cinese). Nel XIII secolo la regione fu conquistata da Genghis Khan. Quando i mongoli se ne andarono e la loro influenza diminuì, musulmani di lingua turca iniziarono ad arrivare da ovest. Successivamente ci furono tafferugli tra gli Han e gli Hui, dico tafferugli per usare un eufemismo perché in realtà ci furono degli scontri piuttosto aspri.
Il Ningxia è attraversato dal sognante Fiume Giallo. La presenza continua del fiume è romantica. Lungo il fiume l’agricoltura è fiorente e si produce soprattutto riso e cotone. La parte settentrionale della provincia è desertica, alle propaggini del deserto del Gobi. Man mano che si scende verso sud il paesaggio cambia. Da un paesaggio molto arido si passa ad una campagna più verde e fertile.
Siamo rimasti stupiti davanti alle tombe Xixia, non lontano dal capoluogo Yinchuan, dove si trovano i resti di nove grandi tombe reali. Sono impressionanti e sembrano delle piccole piramidi. La suggestione non è data tanto dalla bellezza dei mausolei in sé, che sono abbastanza rovinati, ma dall’insieme, dal vederli in un contesto aspro, desertico, alle propaggini della catena montuosa dello Helanshan. È una dinastia poco conosciuta, ma pensate, i tanguti tradussero tutto il canone buddhista cinese nella loro lingua (del ceppo tibetano-birmano).
Ci sono altre cose da vedere in questa provincia, per menzionarne alcune: i 109 stupa buddhisti situati sulla riva, anzi su un pendio del Fiume Giallo, il fantasmagorico tempio a Zhonghwei con molteplici tetti spioventi, scale che collegano le innumerevoli sale, draghi in abbondanza, insomma un insieme alquanto soprendente. Si rimane sbalorditi viaggiando per questa provincia dall’abbondanza di moschee nuove che sono state costruite. Hanno tutte lo stesso stile e naturalmente sono state costruite sotto la ‘tutela’ del governo centrale di Pechino. Abbiamo visitato una moschea ‘antica’ lungo il percorso verso sud, che sembra una piccola fortezza. La cosa sorprendente è che non si direbbe mai che è una moschea, bensì un tempio buddhista o confuciano.
Verso il confine con la provincia del Gansu si trovano delle interessanti grotte buddhiste con il ‘solito’ buddha gigante. Bellissimo il colore del terreno, rosso intenso, soprattutto quando piove. Ci sono anche dei bellissimi mercati ‘agricoli’ nel Ningxia. Si distinguono gli Hui dagli Han dal copricapo. I signori hanno un cappello bianco mentre le donne hanno un velo bianco che copre la testa. Senza questo ‘marchio’ sembrano cinesi Han. Sono molto affabili e disposti a parlare o a sorridere perché conversare è praticamente impossibile senza un interprete. Abbiamo visitato qualche famiglia contadina e siamo stati accolti con gentilezza. Una delle cose più sorprendenti è una cittadina nel sud della provincia, Guyuan, dove si trova un museo strepitoso, inaspettato. La prima volta che ho visitato Guyuan era di lunedì, la sua giornata di chiusura. Ma hanno aperto per noi e siamo stato accompagnati dal curatore del museo stesso e da altri ufficiali. Una pacchia! Sono stato poi altre volte, non di lunedì, ma non c’era nessuno lo stesso. Peccato!
Da Guyuan si entra nel Gansu attraverso una zona montuosa e collinare di grande bellezza. Tutte le montagne sono state terrazzate minuziosamente da mano umana. Ogni ‘centimetro’ è stato modificato per le coltivazioni. È incredibile perché sono decine e decine di chilometri di percorso in mezzo a questa opera d’arte. Ho nostalgia di quelle linee perfette che inducono a pensare alle fatiche dei contadini. È una poesia, un capolavoro, anche se chi li ha fatti non sapeva né leggere né scrivere. Vorrei citare una poesia cinese chiamata ‘la festa della montagna’ che mi evoca quel momento: ‘Mentre solo dimoro in terra straniera, una doppia nostalgia soffro in questo giorno: i miei fratelli salgono pel monte portando rami di corniolo, ognuno il suo, ed il mio ramo manca’.
Parlerò ancora di questo incredibile viaggio in un’altra occasione.

giovedì 5 marzo 2009

Bhopal

Prometto che la prossima volta cambierò argomento e non scriverò di India, bensì di un altro paese. Ma oggi vorrei parlare di Bhopal, conosciuta per il disastro chimico ma molto meno per la sua cultura.
Bhopal è la capitale dello stato indiano del Madhya Pradesh (che vuol dire stato centrale), tristemente famoso per il disastro chimico-industriale del 1984 causato dalla fuga di 40 tonnellate di isocianato di metile, altamente tossico e irritante e rischioso per la salute umana, prodotto dalla Union Carbide, azienda multinazionale americana produttrice di pesticidi. Probabilmente sono morte più di 10.000 persone, anche se le cifre ufficiali sono molto più basse. È veramente triste pensare a quello che è successo. Durante una delle mie visite a Bhopal una signora, nostra guida locale, ha raccontato la sua esperienza e quella della sua famiglia durante quei momenti terribili. Non sto a raccontare la sua storia.
A parte questo fataccio Bhopal è una città molto verde. Fu fondata dal re di Parmara, Bhoj (1000-1055). Egli creò un lago artificiale sbarrando con una diga di terra il corso del fiume. È costruito a semi-circolo attorno all’Upper Lake (grande) e Little Lake (piccolo). Il museo archeologico di Bhopal è stato riallestito in un edificio nuovo alcuni anni fa ed è assolutamente strepitoso, sia per l’architettura del museo sia per la mostra permanente. C’è un altro Museo di grande interesse chiamato il Museum of Mankind, è un museo molto importante che studia l’habitat e le usanze dei numerosi gruppi etnici presenti nello stato. È allestito molto, molto bene con spazi anche aperti dove si possono vedere le ricostruzioni abitative. Ha una biblioteca di prim’ordine. Non è il solito museo ‘etnografico’ che di solito ci dà sui nervi, dove si ricostruiscono episodi di vita tribale in carta pesta. È una cosa seria, un approfondimento notevole per capire le usanze dei tribali con un archivio di prim’ordine.
Mi piace poi l’albergo a Bhopal, precedentemente un vecchio palazzo coloniale (IX sec.) ora ingrandito con un’ala nuova. A me piace molto l’atmosfera. Ci starei un mese. È molto bello fare la prima colazione nel cortile interno sotto il grande mango. È così romantico. Uno dei pranzi più buoni (buffet) che ho mai mangiato in India è stato proprio qui al ristorante dell’albergo. Veramente eccezionale! I due musei menzionati sopra valgono il viaggio. Nei dintorni comunque ci sono cose strepitose da vedere. Non parliamo dell’importantissimo sito buddhista di Sanchi. Il grande stupa (reliquario) fu commissionato originariamente dall'imperatore Ashoka il Grande nel III secolo a.C. Sono stati apportati molteplici rimaneggiamenti e aggiunte durante i secoli, ma lascio queste spiegazioni a chi sa molto più di me di arte buddhista. Il generale Taylor, un ufficiale britannico, fu il primo occidentale che abbia documentato per iscritto l'esistenza di Sanchi. All’inizio del XX secolo le strutture vennero portate al loro aspetto attuale sotto la supervisione del famoso archeologo John Marshall. Nei dintorni di Bhopal, presso un piccolo villagio arretrato di bhojpur, si trovano i resti di un tempio molto interessante. Come indica il nome, il tempio dedicato a Shiva è stato commissionato da Raja Bhoj, che fondò la città di Bhopal. Il ‘lingam’ di Shiva, che in termini metafisici rappresenta la forma dell’assoluto, è forse il più grande dell’India, oltre 5 m., costruito da un unico pezzo di roccia posizionato su una base massiccia. Forse il tempio è più per intenditori ma è di grande fascino anche la sua posizione nel piccolo villaggio. Non lontano si trova un tempio jain che probabilmente fu originariamente costruito nello stesso periodo del tempio indù. È rimasta una cella ‘antica’, ma a causa della voglia di rinnovare e abbellire, sembra di entrare in un parco di divertimento. La mia intenzione non è di essere blasfemo, per carità, ma certamente il gusto del nuovo è assai diverso dal gusto antico!
Tutta la zona è ricca di monumenti praticamente sconosciuti dalla maggioranza. Sono chicche esclusive, direi. Il problema è che fuori Bhopal non ci sono strutture alberghiere degne di questo nome e bisogna arrangiarsi, ma credetemi vale la pena subire disagi per addentrarsi nel cuore dell’India. Parlando di cuore vorrei finire il racconto con un’altra poesia del famoso poeta bengalese Tagore:
Non nascondere il segreto del tuo cuore, amico mio!Dillo a me, solo a me ,in confidenza. Tu che sorridi così gentilmente, dimmelo piano, il mio cuore lo ascolterà, non le mie orecchie. La notte è profonda, la casa silenziosa, i nidi degli uccelli tacciono nel sonno.
Rivelami tra le lacrime esitanti, tra sorrisi tremanti, tra dolore e dolce vergogna,
il segreto del tuo cuore.
Arrivederci alla prossima settimana.