martedì 8 febbraio 2011

HIROSHIMA


Ritornato dal Giappone alla fine di novembre 2010 mi meraviglia ancora come funziona tutto perfettamente o quasi. Dal punto di vista organizzativo il Giappone è una goduria anche se un fuori programma o un cambiamento mette in crisi l’autista, la guida, l’albergatore, il ristoratore ecc. Ciò che si può fare in India non si può fare in Giappone. In India si vive alla giornata mentre in Giappone si pianifica attentamente il futuro. Cosa preferire? Entrambe le soluzioni credo. Sono rimasto molto colpito dalle zone rurali del Giappone. È un paese montagnoso. Le città, le agglomerazioni urbane, si trovano praticamente tutte in pianura e sulle coste. Nelle colline e sulle montagne si trovano piccoli villaggi con tipiche case di legno in un paesaggio di boschi e foreste inaspettato. La foresta copre circa il settanta percento del territorio; il Giappone è al secondo posto come percentuale di verde dopo la Finlandia. L’avreste mai detto? Nel viaggio a novembre siamo andati a Hiroshima, città tristemente famosa per lo scoppio della bomba atomica il 6 Agosto del 1945. Visita angosciosa che si concentra nel Memorial Park dove è stato costruito l'Hiroshima Peace Memorial Museum, con testimonianze dell’accaduto e filmati di prima e dopo la bomba (terribile!). Nelle vicinanze si trova il Cenotafio delle vittime che conserva al suo interno i registri con i nomi delle vittime (le vittime del 6 agosto 1945 e quelli che sono morti nel corso degli anni). L’immagine del rudere della Camera di Promozione Industriale di Hiroshima, denominato A-bomb Dome è probabilmente il simbolo di Hiroshima.

Per alleggerire l’impatto della bomba atomica vorrei ricordare il ristorante, chiamato Spaghetteria, al sesto piano di un complesso commerciale alla stazione ferroviaria di Hiroshima. Ristorante piccolo con pochi posti (tutti gli addetti sono rigorosamente giapponesi) propone trenta diversi tipi di sugo quasi tutti a base di pesce e crostacei. Non si poteva mangiare meglio in Italia. Ci sono tavoli e anche il banco da dove si possono osservare i cuochi, come una specie di cucina all’aperto. Quello che mi ha colpito è che scolano la pasta con grandi cesti di vimini. Gli spaghetti sono cotti perfettamente, perfettamente al dente. Una volta ho preso degli spaghetti allo scoglio e un’altra volta spaghetti al pesto, tutto veramente gustoso. Il sugo del pesto conteneva anche l’avocado ma l’insieme era veramente squisito. I giapponesi sono imitatori eccelsi. Chi penserebbe mai di mangiare spaghetti in Giappone? Credetemi, ne vale la pena!
Nelle vicinanze di Hiroshima si trova il santuario shintoista di Itsukushima,, sull'isola di Miyajima, che è inserito nell'elenco dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO ed è tesoro nazionale del Giappone. Il torii, il tradizionale portale d'accesso (torana nell’architettura buddhista e induista), situato sul mare a pochi metri dal tempio stesso e di fronte al Monte Misen, è considerato una delle tre vedute più belle del Giappone. Con l’alta marea è uno spettacolo, con la bassa marea molto meno. Con la bassa marea si può raggiungere il portale a piedi in mezzo al fango. La mattina che l’ho visitato la marea era particolarmente alta e l’acqua lambiva il santuario: un fenomeno di grande suggestione. Sembrava che il santuario shintoista galleggiasse sull’acqua, una specie di miraggio senza inizio o senza fine. Una sensazione di distacco, nonostante le grandi folle di giapponesi.

CALCUTTA


Ritorniamo a Calcutta (Kolkata), la città indiana che amo di più. Andiamo nel quartiere popolare di Kalighat (l’antico villaggio di Kalikata). Si percorre a piedi una zona pedonale piena di bancarelle per arrivare al tempio di Kali, innalzato nel 1809 nel luogo in cui si trovava una costruzione precedente. Sposa di Shiva, la dea Kali si manifesta come divinità della morte e della distruzione, che in tal modo consente la nascita del nuovo. Col nome di Durga è la protettrice di Calcutta. Proprio di fianco c’è il ricovero di Madre Teresa, Nirmal Hridaya! La cosiddetta casa-madre si trova da un’altra parte con la semplice tomba di Madre Teresa, la sua stanza da letto e un piccolo museo di cimeli. In stridente contrasto con le visite precedenti vediamo lo scintillante tempio jaina, con specchi e vetrini colorati ovunque, una curiosità più che qualcosa di ‘artistico’. Il quartiere di Kumartuli è la zona dei vasai, in cui si realizzano le immagini delle varie divinità indù. Quando ci siamo andati, stavano preparando le immagini di Sarasvati, la divinità dell’erudizione e delle Belli Arti, per la festa incombente. Abbiamo attraversato il nuovo ponte sul fiume Hooghly per giungere all’Orto Botanico di Shibpur (1786). In realtà è un parco e copre un’area di cento ettari. È stato un po’ lasciato andare ma si trovano dei bellissimi alberi tropicali ad alto fusto come ad esempio l’albero della pioggia. La principale attrazione è il baniano (ficus bengalensis) che è cresciuto all’inverosimile dall’albero originale colpito da un fulmine. Bellissima la planimetria del parco ma ripeto purtroppo è maltenuto.

Attraversiamo il vecchio ponte di ferro sul fiume Hooghly (simbolo di Calcutta) e passiamo di fianco alla stazione di Howrah, attraversando un quartiere incredibile vivacissimo, di grande interesse e fascino per arrivare alla missione Ramakrishna (1836-86) fondata nel 1897 dal riformista Swami Vivekananda. Dalla missione prendiamo un battello e attraversiamo il fiume da ovest a est per visitare il tempio di Dakshineshwar. Impressionante il numero di fedeli. Ramakrishna trascorse molti anni a predicare qui. Interessante tempio con dodici tempietti minori dedicati a Shiva. Il tempio principale è sormontato da nove cupole. Difficile entrare per la folla ma in compenso la varietà di umanità è incredibile.

Ahimè il sottoscritto Michael ha avuto la cattiva idea di andare a vedere l’antica chiesa portoghese di Bandel, consacrata nel 1599, una delle chiese più antiche dell’India. Per fare 45 km impieghiamo due ore attraversando gli insediamenti di Serampore (colonia danese), Chandernagore (francese), Chinsurah (prima armena poi olandese) e infine Bandel (portoghese), lungo il fiume Hooghly. Delusione: la chiesa è stata completamente rimodernata e ricoperta di marmi! Che peccato! La chiesa è comunque legata a Don Bosco e ai salesiani. È anche conosciuta in tutta Calcutta per la sua ottima scuola.

Alcuni chiedono: cosa c’è da vedere a Calcutta? Certo non è Khajuraho, non è Agra, Delhi o Bombay, ma è la metropoli più ‘indiana’ dell’India, sembra di ritornare indietro di cinquant’anni e respirare non soltanto l’atmosfera del Raj Britannico ma anche di immergersi in un bagno di folla senza uguali. Non è una città facile da conquistare ma una volta conquistata non puoi più fare a meno di ritornarci.