domenica 18 maggio 2008

Visitare una bidonville a Bombay

Visitare una bidonville? Per carità! Invece, può essere istruttivo. Mi spiego. Prima cosa: Bombay ha forse la più grande bidonville non soltanto dell’India, ma anche dell’intero continente asiatico. Non bisogna concludere che la gente che ci vive muoia di fame o di stenti. Molti provengono dalle campagne e soprattutto dal Bihar, lo stato più povero dell’India, per trovare lavoro e condurre una vita ‘migliore’. Quando arrivano a Bombay dormono dove capita, anche per strada, ma quando trovano lavoro si trasferiscono nella bidonville. Non possono fare altrimenti. Gli affitti sono troppo alti. E’ vero, le bidonville non hanno le fogne e i gabinetti sono in comune, ma è una città nella città. Ci sono le scuole, la clinica, la farmacia, negozi, ristoranti, sale da tè, e addirittura la banca nonché lo strozzino. A volte si vede uscire da una catapecchia un signore distinto con giacca e cravatta che va a lavorare nella ‘city’. Fa il semplice impiegato ma il suo stipendio non gli permette di affittare un appartamentino. Gli affitti di Bombay sono i più cari dell’India. Anziché arricciare il naso al pensiero di visitare una bidonville fateci un pensierino…! E’ istruttivo.

venerdì 16 maggio 2008

TERREMOTO IN SICHUAN

Molti di noi sono stati nella provincia cinese del Sichuan. Il terribile terremoto che ha colpito questa provincia aveva il suo epicentro a Yingxiu, nel distretto di Wenchuan (100 km circa da Chengdu). A circa 65 km a nord-ovest di Chengdu iniziano le montagne e la strada comincia ad inerpicarsi lungo l’impetuoso fiume Min. Probabilmente coloro che hanno fatto il viaggio “Ningxia, Gansu, Gannan e Sichuan” ricordano le bellissime praterie del Sichuan.
Dalle praterie si arriva a Songpan, da dove si fa l’escursione al parco di Huanglong, quella splendida vallata dalle acque sempre purissime di un torrente montano che forma dei bacini lungo il suo percorso, dove l’acqua è turchese. Scendendo da Songpan a Chengdu si passa per Wenchuan. Scendendo da Wenchuan a Dujiangyan (un tempo Guanxian), famosa per la rete d’irrigazione alimentata dal fiume Min (un’opera antica e straordinaria), la strada si restringe nella valle. Da entrambi i lati ci sono montagne alte. Mi ricordo che, durante un viaggio, improvvisamente dei pezzi di roccia sono caduti praticamente davanti al nostro pullman. Davanti a noi, o in senso inverso, non mi ricordo, c’era un pullman di cinesi e con loro abbiamo dovuto liberare la strada dai piccoli massi, per poter proseguire il nostro cammino, nel nostro caso verso Chengdu. E’ un territorio molto instabile piagato dalle frane. Figuriamoci con un terremoto così devastante.
Ho visto le foto della strada. Impressionante! Tutti i blocchi di cemento che formavano il manto stradale si sono aperti e accartocciati.
Un altro viaggio che abbiamo fatto abbastanza recentemente nel Sichuan è stato “Kham e Amdo”. Siamo partiti da Chengdu e, sempre prendendo la strada verso Wenchuan, abbiamo lasciato la strada principale per prendere una stretta strada secondaria proprio a Yingxiu. La strada percorre la valle in una gola stretta con il fiume sotto per arrivare alla riserva dei panda di Wolong. Stavo leggendo sulle notizie in internet della BBC che Wolong, non lontano dall’epicentro, è ancora isolata dal resto della Cina e sembra che la strada sia impraticabile. Ci sono stati innumerevoli frane con massi caduti grandi come case. Credo che i panda stiano bene perché sono in semi-libertà. Certo di fronte alla perdita umana parlare di panda è forse fuori luogo, ma purtroppo il loro numero sta diminuendo. Sappiamo che il panda è l’abitante per eccellenza del Sichuan, e questa riserva si è dedicata, credo dal 1975, alla protezione del panda gigante, quello con gli occhioni bordati di nero.
Quando uno ha viaggiato più volte in posti dove succede poi un cataclisma di queste proporzioni pensa alle persone che ha incontrato, ai ristoratori, agli abitanti dei villaggi che abbiamo attraversato col pullman. Viene automatico domandarsi: sono stati colpiti, hanno persi familiari, sono morti? Davanti ad una forza naturale di questo genere c’è poco da fare. Ma pensare a coloro che sono stati colpiti e sepolti fa venire i brividi.

martedì 13 maggio 2008

Viaggiare in treno in India

Viggiare in treno in India è un’esperienza. I treni, soprattutto quelli di lunga percorrenza, sono spesso in forte ritardo, le carrozze fatiscenti e stracolme di umanità. Viaggiando in India alcuni anni fa, il treno da Varanasi a Calcutta aveva 12 ore di ritardo (linea Delhi-Calcutta) a causa della nebbia nella valle gangetica. Fortunamente la stazione era vicina all’albergo e così ho potuto controllare di tanto in tanto la situazione. Nessuno sapeva niente. Dopo diversi tentativi mi sono rivolto più volte al capostazione. Disperato per la mia insistenza, mi ha detto quasi gridando “siamo in India, non so dov’è il treno, è partito da Delhi, è lungo la linea, ma non so dov’è. Arriverà tra un’ora? Arriverà tra due? Chissà, non lo so. È già arrivato ad Allahabad? (la stazione prima di Varanasi) Non lo so! Siamo in India. Abbi fede”. È arrivato ‘puntualmente’ con dodici ore di ritardo. Ho viaggiato così di notte anziché di giorno. Sono arrivato nella meravigliosa stazione di Howrah, Calcutta, tutto intero. Dodici ore di ritardo è un’eccezione comunque. Recentemente, nel mese di Marzo 2008, ho viaggiato in treno da Bhopal (la capitale del Madhya Pradesh) e Jalgaon (Maharasthra): un percoso di circa 7 ore con un treno a lunga percorrenza. Proveniva da Gorakhpur vicino al Nepal con destinazione Bombay. Aveva soltanto 4 ore di ritardo per qualeche inspiegabile ragione. Viaggiare in treno in India è un’esperienza che tutti dovrebbero provare. La vita che si svolge nelle stazioni è uno spaccato di vita indiana: dal mendicante al nababbo, dal rinunciante scarsamente vestito alla donna musulmana completamente coperta. C’è da spendere due parole sui ‘coolies’ i facchini vestiti di rosso. Sono eccezionali, tengono due valige sulla testa ed altre due in mano e a volte una borsa sotto il braccio. Poi c’è il percorso in treno. Ci si mescola con i passeggeri indiani, si scambiano opinioni e si comincia a capire la loro mentalità rassegnata a tutto quello che succede, anche un ritardo di dodici ore! Ad ogni fermata salgono venditori. Nelle stazioni principali, dove il treno sosta di più, ci sono innumerevoli bancarelle lungi i marciapiedi dove vedono cibarie. Tutti o quasi tutti scendono dal treno per mangiare. Quando il treno si ferma ad un semaforo rosso molti scendono sui binari ad aspettare. Le carrozze sono così stipate che prendere un boccone d’aria è un toccasana.

venerdì 9 maggio 2008

Ajanta

Recentemente sono tornato da Ajanta in India. È famosa per le grotte affrescate. Ho visitato Ajanta molte volte nel passato, ma sempre con grande insoddisfazione perché c’era sempre tanta folla e rumore e le grotte buie senza illuminazione. Anche vedere un lembo di affresco era impossibile, un vero strazio. I custodi avevano le torce ma spesso non funzionavano, batterie scariche, oppure la luce era talmente bassa che era tutto inutile. I custodi avevano anche un grande specchio che tenevano in alto sulle mani all’ingresso di una grotta per catturare i raggi del sole. Nelle giornate nuvolose e piovose era un problema. Ma la luce colpiva soltanto la parte di fronte all’ingresso. Gli affreschi ai lati rimanevano sempre al buio. Questa volta invece sono arrivato piuttosto presto e non c’era nessuno o quasi. Non parlo dei nostri gruppi che sono sempre composti da poche persone. Parlo proprio degli indiani che da qualche anno sono tanti, troppi, tantissimi!!!! (radio, matrone ingioiellate, bambini scalmanati, tutti che parlano ad alta voce…). A volte ci sono gruppi di indiani formati da 40, 50 e anche 60 persone. Spesso la loro guida ha il megafono, per forza, altrimenti come farebbero a sentire le spiegazioni? Il problema è che tutti gli altri sentono anche a lunga distanza perché le grotte di Ajanta occupano una scarpata a forma di ferro di cavallo che dà su una stretta gola e di conseguenza il rumore si amplifica. Questa volta sono stato fortunato, forse per il periodo dell’anno oppure perché era un giorno feriale, non lo so. Ma non è finita qui, le grotte sono finalmente illuminate bene da luci fredde grazie ai contributi dell’Unesco (Ajanta è patrimonio universale). Ora è un vero piacere entrare nelle grotte. Mi ripeto, nel passato fare la visita era frustrante nonostante la bellezza delle grotte. Si usciva sfiniti e arrabbiati. Ora è una vera gioia. Devo ritornare ancora, un augurio anche per tutti voi.