venerdì 16 gennaio 2009

Il Cairo

Il Cairo è una città da scoprire. Di notte, quando è tutta illuminata, è una cosa, di giorno un’altra. In che senso? Percorrendo la strada dall’aeroporto al centro, la città di notte è tutta illuminata e sembra bella e ordinata. Spesso ci sono sopraelevate che permettono di vedere sotto e la città appare bella.
Ma di giorno si scoprono le magagne. Il centro islamico è disseminato di moschee, scuole coraniche e mausolei straodinari, di epoca fatimide, mamelucca ecc..., ma le strade sono ridotte male e coperte d’immondizia e le case sono fatiscenti, con rimasugli di mattoni, pietre e calce sulle vie. Tutti i turisti che si recano al Cairo rimangono poco, spesso due giorni: uno per visitare le Piramidi a Giza, la sfinge e Saqqara e un altro per visitare la città. Di solito i turisti vengono portati alla grande moschea ottomana di Muhammad Ali sulla Cittadella. La moschea è impressionante ma non bella, anzi è un pugno nell’occhio. È diventata il simbolo del Cairo perché si vede da tutte le parti e dalla cittadella si ha una bella veduta della città, se la giornata è limpida. Ma ciò è molto difficile perché l’inquinamento è tremendo.
Al Cairo però c’è moltissimo da vedere, una settimana non basta. Sono tornato dal Cairo recentemente e devo dire che i monumenti islamici sono tanti e bellissimi, inaspettati. Non è una città facile. Tutti chiedono bakshish, dicono che un certo monumento è chiuso ma in realtà non lo è, sono i custodi vogliono una mancia. Se un posto chiude alle 5 alle 4:30 ti dicono che sta per chiudere, perché vogliono una mancia. È un continuo.
Il Cairo è un porto di mare, perché tutti, o quasi tutti, passano di lì, soprattutto per la parte classica (piramidi ecc.). Ci sono grupponi di 40 persone che invadono gli spazi e che danno un senso di soffocamento. Gli alberghi hanno un ricambio continuo, giornaliero.
La commercializzazione del prodotto turistico ha raggiunto limiti insopportabili. A parte Suoni e Luci davanti alla sfinge e le piramidi a Giza, tutto il resto è da dimenticare. Pensare di fare una mini-crociera sul Nilo mentre si cena appare romantico, poi si scopre che il battello è stracolmo e c’è pure il self-service. Per arrivare al cibo bisogna scontrarsi continuamente e fare una lunga fila oppure bisogna aspettare mezz’ora finché gli altri non si sono serviti. Poi comincia la musica ad alto volume e la danza del ventre. Ho portato il gruppo sul Nilo pensando di fare cosa gradita, invece è stato un flop. Una cosa positiva c’è stata: ci siamo recati sul ponte superiore all’aperto per godere almeno delle luci del Cairo dal Nilo. Comunque è tutto così, soprattutto in alta stagione. Per accontentare tutti e guadagnare un po’ (chi li può biasimare, anche se questo ha un efetto boomerang) accettano più persone di quanti sono i posti realmente disponibili: sul battello si è stipati come sardine, e così anche agli spettacoli, come quello dei dervisci danzanti. La danza del ventre imperversa dappertutto, nei locali, sui battelli ecc.ecc. Almeno fossero ballerine brave… Anche io che sono un esperto accompagnatore sono caduto nella trappola! C’è sempre da imparare.
Ritorniamo alle note positive. La ricchezza dei monumenti islamici è davvero sorprendente, un tale insieme di monumenti importanti in pochi chilometri quadrati è quasi unico. È all’altezza di Isfahan in Persia o di Delhi in India. C’è anche da parlare della città antica del Cairo, il quartiere copto. Il Museo Copto è stato riallestito recentemente ed è molto bello. Ho trovato le chiese meno interessanti, forse perché abbiamo tante chiese stupende anche in Italia, ma il concetto del monachesimo è nato in Egitto, nel deserto a Sant’Antonio (a 35 km da Zafarana sul Mar Rosso). Oggi i monasteri copti sono ricchissimi. Per esempio il monastero di San Macario, nella depressione di Wadi Natrun (a nord ovest dal Cairo). Ha al suo interno un’azienda agricola di prim’ordine dove vengono coltivati viti, oliveti, palme da dattero, banani, frumento ecc. Per recarsi al monastero si attraversa la cittadina di Natrun, un paese desolato, senza verde. Ad un certo punto si arriva al perimetro esterno del monastero e si entra attraverso il cancello. Ecco il paradiso di Eden. Si entra in un altro mondo. Il prete che ci ha accompagnato durante la visita ci ha detto che 700 braccianti locali lavorano nell’azienda. Sembra Bonanza!

I monasteri copti del deserto stanno perdendo il loro fascino perché hanno costruito molti nuovi edifici, foresterie, nuove chiese, alloggi per i monaci ecc. Alcuni monasteri hanno negozi di souvenir. Nonostante ciò, vale sempre la pena visitarli. La chiesa di Sant’Antonio è un piccolo gioiello con affreschi riportati alla luce da un’equipe italiana. La chiesa di Santa Maria in Suriani a Wadi Natrun ha pure degli affreschi molto belli.
Ho chiacchierato troppo. Forse dovrei seguire questo proverbio arabo: “Cinque sono i gradi per giungere alla saggezza: tacere, ascoltare, ricordare, agire, studiare”.
Cari saluti a tutti, soprattutto ai miei compagni del Cairo!

Nessun commento: