Lascio l’India momentaneamente, come promesso, perché vorrei parlare della Cina e di un viaggio indimenticabile.
Il Ningxia è probabilmente una delle province cinesi meno conosciute. La prima volta che ci sono andato, con i miei amici di Viaggi di cultura, ho preso l’aereo da Pechino per Yinchuan, la capitale della provincia. La destinazione finale del volo era Dunhuang, nella provincia del Gansu, famosa per le sue meravigliose grotte buddhiste. Siamo scesi dall’aereo a Yinchuan e ci siamo incamminati verso l’areoporto, ma non si capiva dove andare. Poi vedo delle persone in uniforme gesticolare animatamente per farci tornare indietro e risalire sull’aereo. Pensavano che avessimo sbagliato destinazione e che dovessimo raggiungere Dunhuang. Dopo qualche insistenza finalmente hanno capito che Yinchuan era la nostra destinazione! In altre parole nessun turista, almeno allora, visitava questa piccola provincia.
Il Ningxia è una regione autonoma al confine con la Mongolia Interna. Qui si trova una maggioranza islamica, gli Hui. Sembra strano trovare una popolazione musulmana in mezzo alla Cina! Bisogna tornare indietro un bel po’ nel tempo per capire la situazione. Nell’XI secolo i Tanguti stabilirono la dinastia degli Xia occidentali (Xixia è il nome cinese). Nel XIII secolo la regione fu conquistata da Genghis Khan. Quando i mongoli se ne andarono e la loro influenza diminuì, musulmani di lingua turca iniziarono ad arrivare da ovest. Successivamente ci furono tafferugli tra gli Han e gli Hui, dico tafferugli per usare un eufemismo perché in realtà ci furono degli scontri piuttosto aspri.
Il Ningxia è attraversato dal sognante Fiume Giallo. La presenza continua del fiume è romantica. Lungo il fiume l’agricoltura è fiorente e si produce soprattutto riso e cotone. La parte settentrionale della provincia è desertica, alle propaggini del deserto del Gobi. Man mano che si scende verso sud il paesaggio cambia. Da un paesaggio molto arido si passa ad una campagna più verde e fertile.
Siamo rimasti stupiti davanti alle tombe Xixia, non lontano dal capoluogo Yinchuan, dove si trovano i resti di nove grandi tombe reali. Sono impressionanti e sembrano delle piccole piramidi. La suggestione non è data tanto dalla bellezza dei mausolei in sé, che sono abbastanza rovinati, ma dall’insieme, dal vederli in un contesto aspro, desertico, alle propaggini della catena montuosa dello Helanshan. È una dinastia poco conosciuta, ma pensate, i tanguti tradussero tutto il canone buddhista cinese nella loro lingua (del ceppo tibetano-birmano).
Ci sono altre cose da vedere in questa provincia, per menzionarne alcune: i 109 stupa buddhisti situati sulla riva, anzi su un pendio del Fiume Giallo, il fantasmagorico tempio a Zhonghwei con molteplici tetti spioventi, scale che collegano le innumerevoli sale, draghi in abbondanza, insomma un insieme alquanto soprendente. Si rimane sbalorditi viaggiando per questa provincia dall’abbondanza di moschee nuove che sono state costruite. Hanno tutte lo stesso stile e naturalmente sono state costruite sotto la ‘tutela’ del governo centrale di Pechino. Abbiamo visitato una moschea ‘antica’ lungo il percorso verso sud, che sembra una piccola fortezza. La cosa sorprendente è che non si direbbe mai che è una moschea, bensì un tempio buddhista o confuciano.
Verso il confine con la provincia del Gansu si trovano delle interessanti grotte buddhiste con il ‘solito’ buddha gigante. Bellissimo il colore del terreno, rosso intenso, soprattutto quando piove. Ci sono anche dei bellissimi mercati ‘agricoli’ nel Ningxia. Si distinguono gli Hui dagli Han dal copricapo. I signori hanno un cappello bianco mentre le donne hanno un velo bianco che copre la testa. Senza questo ‘marchio’ sembrano cinesi Han. Sono molto affabili e disposti a parlare o a sorridere perché conversare è praticamente impossibile senza un interprete. Abbiamo visitato qualche famiglia contadina e siamo stati accolti con gentilezza. Una delle cose più sorprendenti è una cittadina nel sud della provincia, Guyuan, dove si trova un museo strepitoso, inaspettato. La prima volta che ho visitato Guyuan era di lunedì, la sua giornata di chiusura. Ma hanno aperto per noi e siamo stato accompagnati dal curatore del museo stesso e da altri ufficiali. Una pacchia! Sono stato poi altre volte, non di lunedì, ma non c’era nessuno lo stesso. Peccato!
Da Guyuan si entra nel Gansu attraverso una zona montuosa e collinare di grande bellezza. Tutte le montagne sono state terrazzate minuziosamente da mano umana. Ogni ‘centimetro’ è stato modificato per le coltivazioni. È incredibile perché sono decine e decine di chilometri di percorso in mezzo a questa opera d’arte. Ho nostalgia di quelle linee perfette che inducono a pensare alle fatiche dei contadini. È una poesia, un capolavoro, anche se chi li ha fatti non sapeva né leggere né scrivere. Vorrei citare una poesia cinese chiamata ‘la festa della montagna’ che mi evoca quel momento: ‘Mentre solo dimoro in terra straniera, una doppia nostalgia soffro in questo giorno: i miei fratelli salgono pel monte portando rami di corniolo, ognuno il suo, ed il mio ramo manca’.
Parlerò ancora di questo incredibile viaggio in un’altra occasione.
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