Vorrei dedicare a tutti loro una bellissima poesia di Tagore:
Concedi ch'io possa sedere per un momento al tuo fianco.
Le opere cui sto attendendo potrò finirle più tardi.
Lontano dalla vista del tuo volto non conosco né tregua né riposo
e il mio lavoro
diventa una pena senza fine
in un mare sconfinato di dolori.
Oggi l'estate è venuta
alla mia finestra
con i suoi sussurri e sospiri,
le api fanno i menestrelli
alla corte del boschetto in fiore.
Ora è tempo di sedere tranquilli
a faccia a faccia con te
e di cantare la consacrazione
della mia vita
in questa calma straripante e silenziosa.
Il Rajasthan è la zona più turistica dell’India, famoso per le sue fortezze inespugnabili e i suoi sontuosi palazzi. Prima si chiamava Rajputana ed era diviso in tanti piccoli regni governati da maharaja. È uno stato molto tradizionalista e, diversamente da quello che pensano molti, il Rajasthan è fortemente indù. Infatti, tutti i piccoli regni rajput indù resistettero incredibilmente alle invasioni musulmane. Forse alcuni pensano che nel Rajasthan ci sia un’influenza islamica importante, perché l’arte del Rajasthan è diversa dal resto dell’India. In effetti è piuttosto arabeggiante: stoffe con vetrini colorati, palazzi con giochi di luce e giardini incredibili. I cosiddetti palazzi di città, dove risiedevano i maharaja, e dove alcuni vivono ancora, magari in un’ala del palazzo, sono piuttosto ripetitivi. Molti sono diventati musei di scarso interesse, con suppellettili vari con qualche bella collezione di miniature. Gli interni possono essere interessanti, ma dopo un po’ vengono a noia perché, più o meno, sono tutti uguali. Trovo la fortezza di Jodhpur, abbarbicata sulla collina, stupenda come struttura. La costruzione è di arenaria rossa ed è intagliata talmente finemente che sembra un merletto, non di arenaria bensì di legno. La raffinatezza della sua architettura è grandiosa.
Il Rajasthan piace molto ai turisti, perché c’è molto colore. Le stoffe sono coloratissime e le donne si vestono di colori sgargianti. Quasi tutti gli uomini hanno il turbante, un copricapo ottenuto avvolgendo attorno al capo una o più lunghe fasce di seta, lana o cotone. Può raggiungere anche i cinque metri di lunghezza, se non di più. I colori sono sempre sgargianti. Ne ho provato uno una volta e devo ammettere che era molto pesante e nel caldo mese d’agosto mi sembrava di avere del piombo in testa.
Anche le danze sono diverse rispetto ad altre parti dell’India. Per esempio il Teratali è una rappresentazione con canti e danze, eseguite dalle donne del Rajasthan, basata sugli episodi della vita di Krishna. Le danzatrici, appartenenti alla casta dei Sapera (la casta degli incantatori di serpenti), per esempio, eseguono una serie di danze sedute, in cui fanno tintinnare ritmicamente dei piccoli cimbali (mangira), di cui sono adornate. La musica è ricca di sonorità maestose e di melodie davvero mozzafiato che danno vita alla passione ed all'eroismo epico degli antenati. Questi artisti professano religioni diverse: possono essere musulmani, sikh e anche induisti e provengono da diverse caste artistiche che comprendono danzatori ed incantatori di serpenti, poeti, trovatori e musicisti. Sotto quest’aspetto il Rajasthan è di grande interesse.
Il Rajasthan va fatto in macchina per godere appieno del suo paesaggio. Bellissimi sono gli ‘haveli’, nella zona di Shekhawati, a nord di Jaipur. Sono case o palazzi interamente dipinti costruiti dai ricchi commercianti rajasthani soprattutto alla fine del XVIII/XIX secolo. Gli affreschi sono spesso di carattere religioso. Particolamente gettonato è Krishna (spesso rappresentato con gopi (pastorelle di vacche), ma ci sono anche affreschi secolari, personaggi europei, soldati inglesi, animali e così via. Purtroppo la conservazione di questi ‘monumenti’ è quasi inesistente. Alcuni di questi palazzi sono stati trasformati in albergo e sono quindi sono stati messi a posto e conservati con cura.
Arrivare a Jaisalmer, la cittadina più ad ovest, verso il Pakistan, con la sua magnifica fortezza in arenaria di colore giallo-marrone è un’esperienza incredibile. Assume un bellissimo colore al tramonto. Alcuni haveli di Jaisalmer sono magnifici: si tratta di palazzi costruiti in arenaria gialla e squisitamente scolpiti, con porte, finestre e balconi di una finezza incredibile. Come ho detto sopra, molti haveli (case dei commercianti) stanno andando in rovina.
Dopo l’indipendenza del 1947, il subcontinente indiano fu diviso in tre parti: India, Pakistan occidentale e Pakistan orientale (oggi Bangladesh). I confini furono chiusi e i commerci via terra impediti. Nel passato il Rajasthan collegava l’India con l’Egitto, l’Arabia, la Persia e l’Occidente. Ma, già prima della partizione, quando Bombay cominciò ad essere un porto importante, il commercio cominciò a spostarsi da terra a mare, perciò lontano dal Rajasthan. Dopo il 1947, molti commercianti si trasferirono a Calcutta, Bombay e Delhi.
La città più brutta del Rajasthan per me è il capoluogo Jaipur, chiamata la città rosa. Sicuramente verrò smentito. C’è il famoso palazzo dei venti, al momento fatiscente, ma comunque molto meno ‘affascinante’ di quello che ci si attende. È una città caotica e rumorosa, ha il vantaggio di essere vicina a Forte Amber, situata all’imboccatura di una gola rocciosa. Lì usano gli elefanti per portare i turisti sulla sommità e, durante l’alta stagione, gli elefanti lavorano talmente tanto che faticano a fare il tragitto avanti e indietro. Da un lato vorrei rifiutarmi di prendere l’elefante, ma dall’altra parte mi rendo conto che se tutti facessero così quelli che li guidano non avrebbero guadagno e ne soffrirebbero tutti. L’India è sempre un dilemma. Bisogna accettarla com’è, o no?
Il Rajasthan è la zona più turistica dell’India, famoso per le sue fortezze inespugnabili e i suoi sontuosi palazzi. Prima si chiamava Rajputana ed era diviso in tanti piccoli regni governati da maharaja. È uno stato molto tradizionalista e, diversamente da quello che pensano molti, il Rajasthan è fortemente indù. Infatti, tutti i piccoli regni rajput indù resistettero incredibilmente alle invasioni musulmane. Forse alcuni pensano che nel Rajasthan ci sia un’influenza islamica importante, perché l’arte del Rajasthan è diversa dal resto dell’India. In effetti è piuttosto arabeggiante: stoffe con vetrini colorati, palazzi con giochi di luce e giardini incredibili. I cosiddetti palazzi di città, dove risiedevano i maharaja, e dove alcuni vivono ancora, magari in un’ala del palazzo, sono piuttosto ripetitivi. Molti sono diventati musei di scarso interesse, con suppellettili vari con qualche bella collezione di miniature. Gli interni possono essere interessanti, ma dopo un po’ vengono a noia perché, più o meno, sono tutti uguali. Trovo la fortezza di Jodhpur, abbarbicata sulla collina, stupenda come struttura. La costruzione è di arenaria rossa ed è intagliata talmente finemente che sembra un merletto, non di arenaria bensì di legno. La raffinatezza della sua architettura è grandiosa.
Il Rajasthan piace molto ai turisti, perché c’è molto colore. Le stoffe sono coloratissime e le donne si vestono di colori sgargianti. Quasi tutti gli uomini hanno il turbante, un copricapo ottenuto avvolgendo attorno al capo una o più lunghe fasce di seta, lana o cotone. Può raggiungere anche i cinque metri di lunghezza, se non di più. I colori sono sempre sgargianti. Ne ho provato uno una volta e devo ammettere che era molto pesante e nel caldo mese d’agosto mi sembrava di avere del piombo in testa.
Anche le danze sono diverse rispetto ad altre parti dell’India. Per esempio il Teratali è una rappresentazione con canti e danze, eseguite dalle donne del Rajasthan, basata sugli episodi della vita di Krishna. Le danzatrici, appartenenti alla casta dei Sapera (la casta degli incantatori di serpenti), per esempio, eseguono una serie di danze sedute, in cui fanno tintinnare ritmicamente dei piccoli cimbali (mangira), di cui sono adornate. La musica è ricca di sonorità maestose e di melodie davvero mozzafiato che danno vita alla passione ed all'eroismo epico degli antenati. Questi artisti professano religioni diverse: possono essere musulmani, sikh e anche induisti e provengono da diverse caste artistiche che comprendono danzatori ed incantatori di serpenti, poeti, trovatori e musicisti. Sotto quest’aspetto il Rajasthan è di grande interesse.
Il Rajasthan va fatto in macchina per godere appieno del suo paesaggio. Bellissimi sono gli ‘haveli’, nella zona di Shekhawati, a nord di Jaipur. Sono case o palazzi interamente dipinti costruiti dai ricchi commercianti rajasthani soprattutto alla fine del XVIII/XIX secolo. Gli affreschi sono spesso di carattere religioso. Particolamente gettonato è Krishna (spesso rappresentato con gopi (pastorelle di vacche), ma ci sono anche affreschi secolari, personaggi europei, soldati inglesi, animali e così via. Purtroppo la conservazione di questi ‘monumenti’ è quasi inesistente. Alcuni di questi palazzi sono stati trasformati in albergo e sono quindi sono stati messi a posto e conservati con cura.
Arrivare a Jaisalmer, la cittadina più ad ovest, verso il Pakistan, con la sua magnifica fortezza in arenaria di colore giallo-marrone è un’esperienza incredibile. Assume un bellissimo colore al tramonto. Alcuni haveli di Jaisalmer sono magnifici: si tratta di palazzi costruiti in arenaria gialla e squisitamente scolpiti, con porte, finestre e balconi di una finezza incredibile. Come ho detto sopra, molti haveli (case dei commercianti) stanno andando in rovina.
Dopo l’indipendenza del 1947, il subcontinente indiano fu diviso in tre parti: India, Pakistan occidentale e Pakistan orientale (oggi Bangladesh). I confini furono chiusi e i commerci via terra impediti. Nel passato il Rajasthan collegava l’India con l’Egitto, l’Arabia, la Persia e l’Occidente. Ma, già prima della partizione, quando Bombay cominciò ad essere un porto importante, il commercio cominciò a spostarsi da terra a mare, perciò lontano dal Rajasthan. Dopo il 1947, molti commercianti si trasferirono a Calcutta, Bombay e Delhi.
La città più brutta del Rajasthan per me è il capoluogo Jaipur, chiamata la città rosa. Sicuramente verrò smentito. C’è il famoso palazzo dei venti, al momento fatiscente, ma comunque molto meno ‘affascinante’ di quello che ci si attende. È una città caotica e rumorosa, ha il vantaggio di essere vicina a Forte Amber, situata all’imboccatura di una gola rocciosa. Lì usano gli elefanti per portare i turisti sulla sommità e, durante l’alta stagione, gli elefanti lavorano talmente tanto che faticano a fare il tragitto avanti e indietro. Da un lato vorrei rifiutarmi di prendere l’elefante, ma dall’altra parte mi rendo conto che se tutti facessero così quelli che li guidano non avrebbero guadagno e ne soffrirebbero tutti. L’India è sempre un dilemma. Bisogna accettarla com’è, o no?
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