Il secondo viaggio che ho fatto in Cina è stato nel 1990 con una ventina di persone intitolato “Via della Seta”. Allora abbiamo volato British Airways via Londra, un ottimo viaggio, un po’ lunghetto, destinazione Pechino. Dopo Pechino volo per Xi’An e da Xi’An a Lanzhou, capitale del Gansu. Voli in perfetto orario, un miracolo dopo l’anno disastroso del 1988 (vedi il viaggio che ho descritto precedentemente).
Da Lanzhou comincia l’avventura. Alle 22 prendiamo il treno per Jiuquan, nel cosiddetto corridoio del Gansu, dove arriviamo il giorno successivo alle 18 (20 ore di viaggio!). Nelle vicinanze di Jiuquan si trova la cittadina di Jiayuguan. È qui che si vede il fortilizio della grande muraglia. In realtà abbiamo fatto questo lunghissimo viaggio in treno di 20 ore per raggiungere una località di grande interesse: le grotte di Mogao a Dunhuang.
Allora per Dunhuang non c’erano voli e l’unico modo per arrivare era via terra. Credo che ci siano quasi 500 templi scavati nella roccia. Da Jiuquan abbiamo impiegato in macchina circa 8 ore. Siamo partiti al mattino. Era freddo e piovigginava, anche se era il 6 Agosto e eravamo nel deserto del Gobi. Avevamo già imboccato la strada che conduce a Dunhuang quando da una curva arriva un camion in velocità. Ci vede, frena bruscamente e sull’asfalto bagnato sopra uno strato di polvere perde il controllo e viene verso di noi. Il nostro autista ha i riflessi pronti e vira buttandosi in un fosso sabbioso, non pericoloso. Evita il peggio. Il camion ci prende soltanto marginalmente. Arriva la polizia. Mi dispiace per l’autista del camion perché sicuramente gli hanno tolto la patente. Abbiamo chiesto alla polizia di usare clemenza. Stiamo tutti bene, nessuno si è fatto male, ma il pullman ha subito dei danni e non possiamo continuare il viaggio. Aspettiamo e ci riportano in città con altri mezzi. Nel pomeriggio, dopo pranzo, ripartiamo per Dunhuang con due pullmini. A Dunhuang visitiamo le grotte di Mogao (che vuol dire dei mille buddha) .Gli affreschi sono superbi e sono di varie epoche e dinastie. Direi che queste grotte conservano la più grande collezione di arte buddhista della Cina.
Da Dunhuang riprendiamo la strada per la stazione ferroviaria di Liuyuan, un percorso di 2h30 circa attraverso un paesaggio incredibile, desertico, disseminato di montagnole tozze di diversi colori e sfumature dal color sabbia al rosso e nero. Partiamo col treno verso le ore 20 e arriviamo a Turfan, nella provincia cinese del Xinjiang, la mattina seguente, alle 9 circa. Le cuccette non sono male. Turfan o la depressione di Turfan si apre nella parte orientale della catena del Tien Shan e si trova sotto il livello del mare. È un posto magico. Grazie ai torrenti che scendono dalle alte montagne vicine e all’ingegnosità e alla tenacia del popolo uiguro, che ha saputo utilizzare l’acqua infiltrata nelle falde pedemontane creando una perfetta rete di canali sotterranei, Turfan è disseminata di oasi meravigliose. Tutto l’insieme costituisce uno straordinario paesaggio. Il caldo può essere insopportabile e in estate può raggiungere i 45 gradi se la giornata è soleggiata.
Proseguiamo la nostra avventura, in pullman, fino a raggiungere Urumqi, la capitale dello Xinjiang, città industriale e anonima ma con un clima piacevole (d’estate). Da Urumqi prendiamo il volo per Kashgar, famoso nodo carovaniero sulla via della seta. Domenica è ‘market day’. La gente proviene da tutti i villaggi vicini per vendere e comperare. Ne ho parlato più volte di Kashgar. È incredibile vedere la folla, le contrattazioni. C’è di tutto. Una parte molto interessante è il mercato del bestiame. Le capre sono tutte in fila legate insieme con lo spago, per essere vendute. Ci sono anche cammelli, vacche, pecore e galline. C’è la sezione dei sementi, la sezione delle stoffe multicolorate (il costume locale delle donne iugure è molto colorato), il reparto ristoro con centinaia di ristorantini, le macellerie, i barbieri all’aperto, i dentisti con i loro strumenti ‘medievali’ e tante altre cose. Purtroppo il mercato oggi è diventato meno interessante. Oggi è stato diviso in tre località diverse. Esiste ora una struttura permanente moderna. Il mercato del bestiame si è rimpicciolito e non ci sono più i cammelli, o almeno non li ho più visti. Forse la ‘modernizzazione’ del mercato è positiva per gli abitanti, ma per noi turisti la suggestione ‘romantica’ non c’è più.
La città di Kashgar si sta trasformando in una cittadina moderna e monotona. Dove si trova la storica moschea di Id Kah, nel cuore di Kashgar, proprio nella piazza centrale, i cinesi hanno fatto una piazza di pessimo gusto, con i pavimenti di marmo e le nuove case lastricate di ceramica o ‘pietrini’, come dicono a Bologna. Ha certamente perduto il suo fascino.
Ritorniamo verso Urumqi ma questa volta via terra attraverso bellissime oasi ai margini del bacino del Tarim, chiamato anche il deserto di Taklimakan, da un lato, e le maestose montagne Tien Shan dall’altro, che raggiungono anche i settemila metri. Ogni tanto incontriamo torrenti d’acqua che invadono la strada, causati da forti temporali in montagna. L’acqua vorticosa segue il wadi e si riversa sulla strada. Aspettiamo. L’acqua è piena di sabbia. Lentamente il flusso diminuisce e possiamo passare. Oggi c’è una superstrada leggermente elevata rispetto al terreno.
Passiamo per Aksu, una specie di visione che sorge dal deserto. Dal nulla si vede in distanza un insieme di palazzi moderni, una specie di castello di cristallo che si erge in mezzo al niente. Da Aksu si procede verso est per raggiungere le grotte buddhiste di Kizil (molti degli affreschi si trovano al Museo Britannico e a Berlino) e la cittadina di Kuqa. Il paesaggio lungo questo tratto è incantevole. In una giornata chiara si vedono le vette innevate maestose della catena Tien Shan ergere come delle immense torri. Dopo Kizil percorriamo una strada stretta in una gola profonda caratterizzata da stranissime formazioni rocciose aguzze. Nei pressi di Kuqa si trovano antiche città fantasma. Si mimetizzano nel paesaggio, bisogna scoprirle. L’antica città di Subashi si trova incastonata all’ingresso di una gola, ai piedi di montagne aride e grigie (forse perché pioveva), vicina ad un torrente il cui letto si allarga notevolemente man mano che scende a valle. Quando scende, l’acqua arriva vorticosamente. Tutto è di grande fascino. Purtroppo piove a Subashi ma il fascino diventa struggente, il colore della roccia e della terra sabbiosa diventa scuro, il cielo minaccioso di nuvoloni neri che coprono il cielo, insomma da brivido.
Proseguiamo per Korla, città detta ‘dei petrolieri’, ed infine ritorniamo ad Urumqi per proseguire in volo per Pechino. Si potrebbe chiamare questa via “la via del buddhismo” perché il Buddismo raggiunse la Cina attraverso la Via della seta. Una signora, Nora Chiarini, ha definito questo percorso “la via delle angurie” perché ci fermavamo spesso a mangiare l’anguria. Pensava di trovare ancora carovane di commercianti con i loro cammelli e le loro merci, ma purtoppo non ci sono più. Ogni tanto lungo il percorso si incontarno dei cammelli, ma non in marcia versa oriente o verso occidente! Sono lì a fare nulla!
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