lunedì 31 maggio 2010

VIJAYANAGARA (Città della Vittoria), KARNATAKA

Karnataka è uno degli stati indiani più affascinanti dell’India. La parte settentrionale, il Deccan, è abbastanza arida e ha un paesaggio piuttosto monotono e uniforme. La parte meridionale invece è semi-tropicale con piogge monsoniche abbondanti e una vegetazione rigogliosa, colline verdissime e tanti specchi d’acqua che abbelliscono il paesaggio. Purtroppo, o fortunatamente, secondo i punti di vista, sulle verdi colline sono state installate alcune pale eoliche. Per alcuni aspetti l’energia eolica è una fonte attraente come alternativa al combustibile fossile, perché è pulita e praticamente non produce gas a effetto serra. Certo però bisogna fare i conti col fatto che la potenza fornita dal vento è estremamente variabile, come il vento stesso. Forse è per questa ragione che nel sud del Karnataka hanno piazzato le pale sulla cime delle colline. L’impatto paesaggistico purtroppo è abbastanza devastante e la bellezza soave del paesaggio è deturpata. È bello lo stesso ma non come prima! Tutto lo stato è ricchissimo di arte, da quella della dinastia Kakitiya di Warangal (XII sec. d.C.) a quella del sultano Muhammad Quli Qutb Shah di Hyderabad (1589); il forte di Golconda costruito dai re Kakitiya e successivamente ricostruito dal sultanato menzionato sopra; da quella del regno musulmano di Bijapur a quella dell’impero Hoysala indù (X-XIV sec. d.C.). E che dire dell’impero di Vijayanagara, città ricca e potente? L'architettura dell'impero fu un'armoniosa combinazione di stili Chalukya, Pandya, Hoysala e Chola, predominanti nei secoli precedenti. Fu usato abbondantemente il granito, presente nelle zone limitrofe. Un aspetto del cosmopolitismo della capitale Vijayanagara è la presenza di un gran numero di edifici di tipo islamico. Sebbene la storia analizzi solamente il confronto politico tra la potenza dell'Impero Vijayanagara e dei sultanati del Deccan, l'architettura riflette segnali di una maggior collaborazione tra di loro.
Gli scambi con la Cina furono intensi e includevano molti prodotti: cotone, spezie, gemme, pietre dure, avorio, corni di rinoceronte, ebano, ambra, prodotti aromatici e profumi. Arrivavano grandi navi dalla Cina, tra cui quelle comandate dal famoso ammiraglio Zheng He, e attraccavano in uno dei tanti porti che l'Impero possedeva sia sul Mar Arabico che sul golfo del Bengala. Il commercio sulla costa orientale raggiunse volumi mai visti prima, con scambi con Golconda, dove riso, miglio, ortaggi e tabacco da masticare erano prodotti su larga scala.
Il primo straniero a visitare la città fu Domingo Paes, un viaggiatore portoghese e le sue testimonianze sono di un valore inestimabile per capire la grandiosità dell’impero. Lo visitò nell’apice del suo splendore, verso il 1520, quando regnava Krishna Deva Raya, il più potente dei sovrani di Vijayanagar. Era presente durante la battaglia di Raichur tra il grande esercito di Krishna Deva Raya e Adil Shah, sultano di Bijapur. È interessante quello che ha scritto sull’irrigazione: “il paese ha abbondanza di riso e frumento indiano, cereali, fagioli e tante altre messi che non crescono da noi, nonché un’abbondanza di cotone. C’è una grande quantità di cereali, perché oltre ad essere usati come cibo per gli uomini sono anche usati per i cavalli visto che non c’è altro tipo di orzo. Questo paese ha anche molto frumento di buona qualità. Ha bisogno d’acqua perché l’estensione del territorio è vasta e ha pochi corsi d’acqua. Hanno costruito molti laghi e laghetti artificiali dove si raccoglie l’acqua piovana”.
Della città scrive: “non parlo qui della grandezza di questa città perché non può essere vista da un punto solo. Solo recandomi su una collina ho potuto vedere una buona parte di essa, ma non tutta, perché la città è situata tra diverse colline. Quello che vidi sembrava grande come Roma, una visione bellissima, con molti alberi all’interno dei giardini delle case e molti condotti d’acqua che vi affluiscono. In molti posti ci sono laghi e vicino al palazzo del re c’è un boschetto di palme e alberi da frutta”.
Di sicuro chi ha fatto il viaggio ‘Deccan’ a Capodanno del 2010 riuscirà a immedesimarsi in quello che ha scritto Paes!

martedì 18 maggio 2010

MONASTERI RUPESTRI

Ritorniamo alla mia amata India dopo qualche assenza. Ho descritto in alcuni episodi il bellissimo e travolgente viaggio chiamato ‘Arte del Tempio’ da Calcutta a Bombay o viceversa. È un percorso straordinario non soltanto per l’arte ma anche per l’ambiente umano in cui si svolge. Viaggiare in treno è un’esperienza unica in India per quanto riguarda lo stare a contatto con la gente. Eravamo arrivati a parlare della nostra partenza da Bhopal. È sempre un piacere ricordare la vicina Sanchi, importante centro buddhista. Il Grande Stupa (dove si conservano le reliquie del Buddha), fu originariamente commissionato dall’imperatore Ashoka il Grande nel III secolo a.C. Il primo edificio era una struttura emisferica in mattoni con un tetto a forma di parasole. Dopo diverse vicissitudini, la dinastia Satavahana (I sec. a.C.) costruì le porte monumentali (torana) e le balaustre. Le porte sono ricoperte di sculture con scene della vita del Buddha ma anche rappresentazioni di vita quotidiana. Comunque è un posto di grande fascino e interesse. Da Bhopal, capitale dello stato Madhya Pradesh, si prende il treno per Jalgaon, nello stato di Maharashtra (dove si trova Bombay per intendersi). Jalgaon è una città moderna con vaste zone industriali, niente di che, ma è famosa per la produzione di banane: produce più del sedici percento delle banane in India. La città è brutta. Ci sono diversi alberghi belli forse per gli indiani ma brutti e tristi per noi. Comunque si può pernottare una notte. Perché bisogna fermarsi a Jalgaon? Per la vicinanza delle grotte buddhiste di Ajanta. Ne abbiamo parlato più volte ma vale la pena ritornare sull’argomento. La posizione delle grotte è di grande fascino e formano un grande complesso monastico buddhista. Furono scoperte per caso nel 1819 durante una battuta di caccia da un gruppo di ufficiali inglesi. Alcune grotte sono affrescate. Nella grotta numero due - credo -, sulla parete sinistra c’è una bellissima raffigurazione della storia dell’annuncio della nascita del Buddha sotto forma di sogno. Quasi in fondo alla scarpata a forma di zoccolo di cavallo si trova una grotta fantastica con la volta a botte nervata in pietra. Ci sono ventisei colonne. Nella navata sinistra c’è un enorme Buddha sdraiato in paranirvana. È una grotta/santuario di grande fascino e suggestione. Questo è solo un piccolo assaggio di quello che si può vedere in questo straordinario posto. Da Ajanta raggiungiamo la città di Aurangabad per un’altra sorpresa: le grotte di Ellora. Sono tante e divise tra grotte buddhiste, grotte jaina e grotte indù. La posizione geografica è meno affascinante di Ajanta ma le grotte non sono da meno. Qui la meraviglia è architettonica soprattutto, ma non soltanto, per il tempio di Kailasa, completamente scavato nella roccia all’interno di un cortile. È qualche cosa di inimmaginabile e di straordinario. È difficile credere che prima c’era soltanto una parete della roccia di origine vulcanica. Il tempio è un blocco unico! Incredibile! Ellora mi fa venire in mente il discorso che Monica Guidolin ha fatto in un recente viaggio in India sui ‘Thugs’ dalla lingua hindi thag (Thug è una parola Inglese che vuol dire criminale, ladro, assassino). Credo che in indi voglia dire ‘ingannatore’. Nel l’800 le grotte furono circondate da una fama sinistra per la presenza dei thugs, una società segreta indiana devota alla dea Kalì e composta da religiosi fanatici, sia indù sia musulmani, che assalivano i viandanti per rubarli e ucciderli secondo un antico rituale. I Thugs avevano lo scopo di ingraziarsi la loro divinità ispiratrice e protettrice, appunto la dea Kalì, guadagnando così meriti per sfuggire all’eterno ciclo della reincarnazione. E ciò non solo per se stessi ma anche per le loro vittime. Prevedeva l’uccisione per strangolamento con una sciarpa di seta. Era importante che avvenisse senza spargimento di sangue. Dopo l’uccisione le vittime venivano bruciate. Alla fine vennero sgominati dagli Inglesi grazie alla presenza nelle loro file di infiltrati. È una curiosità molto interessante. Ritornando al nostro viaggio, le grotte di Ajanta ed Ellora valgono un viaggio in India. In effetti ne ho parlato più volte ma se le mie parole inducono i lettori a fare un viaggio da quelle parti allora sono contento!

mercoledì 12 maggio 2010

L'ARGENTINA E IL LAGO ARGENTINO

Nell’ultimo racconto del 26 aprile 2010 avevo promesso di scrivere qualcosa di più romantico. Si sa che viaggiare è un’avventura perché può capitare di tutto, nel senso che gli imprevisti sono sempre in agguato. Fa parte del rischio di viaggiare, soprattutto in paesi lontani. Vorrei tornare in Patagonia dove ho trascorso con un simpaticissimo gruppo un soggiorno veramente piacevole. Ho già scritto in passato delle mie esperienze in Patagonia ma vorrei dire altre cose. La prima tappa fu Buenos Aires, una città veramente piacevole e vivace. Essendo Britannico avevo qualche timore di pregiudizio da parte degli argentini per via della storia delle isole Falkland (isole Malvine). Ricordate il conflitto tra l’Argentina e il Regno Unito del 1982, durante il mandato del primo ministro Margaret Thatcher? Le isole furono occupate dai militari argentini. Allora la sig.a Thatcher, detta anche ‘iron lady’, inviò tempestivamente navi da guerra, sottomarini nucleari, aerei e truppe e nel giro di qualche settimana le isole furono riconquistate. Questa sconfitta contribuì alla disfatta della dittatura militare in Argentina. Le isole erano disabitate prima dell’arrivo degli Europei. Furono scoperte dal navigatore inglese John Davis nel 1592 anche se lui non vi mise nemmeno piede. Fu John Strong nel 1690 ad approdare sulle isole e le chiamò Falkland. Poi arrivarono i francesi e in seguito gli spagnoli. In ogni caso, ho trovato gli argentini gentilissimi e disposti al colloquio. Personalmente, non ho un’opinione di assolutismo intransigente sulla faccenda: capisco benissimo il punto di vista degli Argentini ma credo che bisogna anche tener conto del volere degli abitanti. Da Buenos Aires abbiamo volato su Ushuaia, nella Tierra del Fuego (distanza 3000 km). C’è una luce molto particolare da queste parti, intendo nel parco nazionale Terra del Fuoco che confina a sud con il canale di Beagle ed ad ovest con il confine cileno. Ci sono boschi di betulle (Lenga Beech-Nothofagus pumilio; Antartic beech-Nothofagus antartica) e altri alberi ancora e un folto sottobosco. Il parco si affaccia sul canale di Beagle ed è molto suggestivo e romantico. Ushuaia è il capoluogo della Tierra del Fuego. I primi coloni furono inglesi e furono loro a darle il nome attuale. Il nome nativo era infattiu Yamana. Ushuaia si trova in una posizione incantevole: sulla costa meridionale della Tierra del Fuego, situata tra i bordi del canale Beagle e i monti Martial, non alti ma sempre coperte di neve sulle cime. Sorprendentemente il clima è piuttosto mite nonostante la sua posizione geografica. C’è spesso vento ma il vento è una caratteristica di queste zone. Da Ushuaia abbiamo volato su Calafate, sulla riva meridionale del Lago Argentino. È una piccola città. Sembra quasi un grosso villaggio dell’Alto Adige: casette con i tetti spioventi, molte costruite in legno, negozi e caffè sull’arteria principale. È certamente un centro turistico. Da Calafate si visitano i ghiacciai del Lago Argentino che è un parco nazionale (Los Glaciares) e patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Bellissimi i ghiacciai che si ammirano dal battello. Abbiamo già parlato del Perito Moreno, il ghiacciaio che avanza, ma ce ne sono altri, come Upsala con pareti che raggiungono l’altezza di 80 metri! E che dire del ghiacciaio Spegazzini che ha la parete più alta in assoluto, ben 135 metri! E che dire della baia di Onelli, costellata di tanti piccoli iceberg e pezzi di ghiaccio che finiscono per arenarsi sulla riva? Si scende dal battello e si fa una bella passeggiata attraverso un bosco di lenga per arrivare alla baia. La vista che si apre è veramente straordinaria! Gli iceberg che galleggiano nel lago Argentino dopo essersi staccati dai ghiacciai sono una visione affascinante. Il colore va da un blu intenso a un blu pastello. Il contrasto dipende dalla compattezza del ghiaccio e dall’effetto della luce. Il vento soffia sempre forte ma l’esperienza è indimenticabile. L’esperienza continua. Passiamo in Cile. Ma ne parleremo una prossima volta.