venerdì 30 gennaio 2009

LE GROTTE DEL MAHARASHTRA IN INDIA

ELLORA
Il primo racconto di questo blog è stato sulle grotte di Ajanta. Ellora e Ajanta spesso vengono indicate insieme perché entrambe sono nelle vicinanze di Aurangabad, nello stato indiano del Mahahrashtra (la capitale dello stato è Bombay). Ajanta è famosa per le sue pitture sulla vita del Buddha mentre Ellora è nota per la sua architettura rupestre. Ellora, come Ajanta, fu un centro di pellegrinaggio di buddhisti, induisti e jainisti. L’architettura rupestre di Ellora è grandiosa. Tra le meraviglie c’è la grotta numero dodici. È grandiosa, un vihara (monastero buddhista) a tre piani con una facciata alta e liscia e priva di decorazione. È veramente imponente, ma un ignaro potrebbe pensare che non ci sia niente da vedere all’interno giudicando dalla ‘semplicità’ dell’esterno (semplice per modo di dire perché è interamente scavato nella roccia). Vi garantisco che l’interno è strepitoso. Contiene sculture magnifiche raffiguranti quasi tutte le divinità del pantheon buddhista. Non sono un esperto, ma dopo avere visitato l’India decine di volte con i nostri professori qualche cosina ho capito.
Ma il monumento più bello in assoluto è il tempio induista di Kailasa, straordinario esempio di architettura intagliata nella roccia. Sembra una cosa impossibile: un tempio intero scavato nella montagna, con un grande fossato scavato intorno, un atrio e deambulatorio allo stesso tempo. Poi nelle parti che circondano il tempio di Kailasa sono scavate colonne e alcuni tempietti minori. Leoni ed elefanti sorreggono il santuario. E ci sono fregi che raccontano alcuni episodi delle storie epiche tratte dal Mahabharata e dal Ramayana. Capire l’indusimo è quasi impossibile, con questo suo intrecciarsi di dei e semi-dei, ma la lavorazione e la qualità del lavoro sono magistrali. Quante migliaia di scalpellini ci saranno stati a formare dalla roccia un complesso così articolato?

AURANGABAD
Aurangabad è la città dove si pernotta per visitare Ellora e Ajanta. Non dimentichiamo però le grotte di Aurangabad, che sono spesso ignorate. In effetti sono meno grandiose ma pure di grande interesse, forse più per appassionati. Ci sono due gruppi di grotte (est ed ovest). Dalla città si sale sulle colline di tufo basaltico che sovrastano la città. Da lì si ha un bel panorama di Aurangabad e in primo piano si scorge il mausoleo noto come il piccolo Taj, un nome ingannevole, perché non ha niente a che fare, neppure minimamente, con il famoso Taj Mahal di Agra. L’unica somiglianza è che entrambi sono mausolei. Non vale neppure pagare il biglietto d’ingresso, è sufficiente guardarlo dalla porta.
Ritorniamo alle grotte. Una grotta del gruppo est è particolarmente preziosa, con una ricca decorazione scultorea. La cosa più impressionante è la cella che ospita una grande statua del Buddha. Sulla parte sinistra, c’è un pannello raffigurante musici e fanciulle danzatrici, di grande leggerezza e sensualità. Se non erro si tratta di uno degli esempi migliori dell’arte della tarda epoca classica.

PANDULENA
Le grotte di Pandulena si trovano sempre nello stato indiano del Maharashtra a Nasik, a diverse ore di macchina da Aurangabad. Nasik si trova sul fiume sacro “la Godavari” (i fiumi in India sono sempre femminili). Nei dintorni si trova una coltivazione intensa di viti. Un gruppo vinicolo francese sta dando il ‘know-how’ ai coltivatori indiani su come produrre un buon cabernet sauvignon. In effetti, vale la pena di assaggiarlo. Il centro di Nasik è caratteristico, con vecchie case e numerosi complessi templari induisti. I templi sorgono lungo il fiume. Il turismo da queste parti è praticamente inesistente. La cittadina è un importante centro di pellegrinaggio. È bello fare un giro a piedi lungo il fiume. Si trovano mercati, bancarelle che vendono offerte, pellegrini che si bagnano nel fiume, adoratori che offrono verdura e frutta alle divinità, famiglie che fanno un pic-nic, rinuncianti quasi nudi che chiedono l’elemosina, bambini che giocano nell’acqua e tutte le altre distrazioni tipiche della vita indiana. Una delle cose più interessanti di nasik sono le grotte di Pandulena, santuari buddhisti, sui contrafforti della catena montuosa dei Trimbak. Sono antichissimi.
Ho già parlato abbastanza di grotte oggi e non vorrei tediarvi oltre. Lungo il percorso verso le grotte ci sono degli alberi molto grandi di frangipane, con fiori profumati e carnosi. I fiori compaiono prima delle foglie e durano a lungo, con petali arrotondati. Le foglie sono lunghe e acuminate. Alla fine di gennaio, periodo della nostra escursione, c’erano soltanto i fiori. Salire alle grotte all’ombra di questi alberi fioriti è stato grandioso.

venerdì 16 gennaio 2009

Il Cairo

Il Cairo è una città da scoprire. Di notte, quando è tutta illuminata, è una cosa, di giorno un’altra. In che senso? Percorrendo la strada dall’aeroporto al centro, la città di notte è tutta illuminata e sembra bella e ordinata. Spesso ci sono sopraelevate che permettono di vedere sotto e la città appare bella.
Ma di giorno si scoprono le magagne. Il centro islamico è disseminato di moschee, scuole coraniche e mausolei straodinari, di epoca fatimide, mamelucca ecc..., ma le strade sono ridotte male e coperte d’immondizia e le case sono fatiscenti, con rimasugli di mattoni, pietre e calce sulle vie. Tutti i turisti che si recano al Cairo rimangono poco, spesso due giorni: uno per visitare le Piramidi a Giza, la sfinge e Saqqara e un altro per visitare la città. Di solito i turisti vengono portati alla grande moschea ottomana di Muhammad Ali sulla Cittadella. La moschea è impressionante ma non bella, anzi è un pugno nell’occhio. È diventata il simbolo del Cairo perché si vede da tutte le parti e dalla cittadella si ha una bella veduta della città, se la giornata è limpida. Ma ciò è molto difficile perché l’inquinamento è tremendo.
Al Cairo però c’è moltissimo da vedere, una settimana non basta. Sono tornato dal Cairo recentemente e devo dire che i monumenti islamici sono tanti e bellissimi, inaspettati. Non è una città facile. Tutti chiedono bakshish, dicono che un certo monumento è chiuso ma in realtà non lo è, sono i custodi vogliono una mancia. Se un posto chiude alle 5 alle 4:30 ti dicono che sta per chiudere, perché vogliono una mancia. È un continuo.
Il Cairo è un porto di mare, perché tutti, o quasi tutti, passano di lì, soprattutto per la parte classica (piramidi ecc.). Ci sono grupponi di 40 persone che invadono gli spazi e che danno un senso di soffocamento. Gli alberghi hanno un ricambio continuo, giornaliero.
La commercializzazione del prodotto turistico ha raggiunto limiti insopportabili. A parte Suoni e Luci davanti alla sfinge e le piramidi a Giza, tutto il resto è da dimenticare. Pensare di fare una mini-crociera sul Nilo mentre si cena appare romantico, poi si scopre che il battello è stracolmo e c’è pure il self-service. Per arrivare al cibo bisogna scontrarsi continuamente e fare una lunga fila oppure bisogna aspettare mezz’ora finché gli altri non si sono serviti. Poi comincia la musica ad alto volume e la danza del ventre. Ho portato il gruppo sul Nilo pensando di fare cosa gradita, invece è stato un flop. Una cosa positiva c’è stata: ci siamo recati sul ponte superiore all’aperto per godere almeno delle luci del Cairo dal Nilo. Comunque è tutto così, soprattutto in alta stagione. Per accontentare tutti e guadagnare un po’ (chi li può biasimare, anche se questo ha un efetto boomerang) accettano più persone di quanti sono i posti realmente disponibili: sul battello si è stipati come sardine, e così anche agli spettacoli, come quello dei dervisci danzanti. La danza del ventre imperversa dappertutto, nei locali, sui battelli ecc.ecc. Almeno fossero ballerine brave… Anche io che sono un esperto accompagnatore sono caduto nella trappola! C’è sempre da imparare.
Ritorniamo alle note positive. La ricchezza dei monumenti islamici è davvero sorprendente, un tale insieme di monumenti importanti in pochi chilometri quadrati è quasi unico. È all’altezza di Isfahan in Persia o di Delhi in India. C’è anche da parlare della città antica del Cairo, il quartiere copto. Il Museo Copto è stato riallestito recentemente ed è molto bello. Ho trovato le chiese meno interessanti, forse perché abbiamo tante chiese stupende anche in Italia, ma il concetto del monachesimo è nato in Egitto, nel deserto a Sant’Antonio (a 35 km da Zafarana sul Mar Rosso). Oggi i monasteri copti sono ricchissimi. Per esempio il monastero di San Macario, nella depressione di Wadi Natrun (a nord ovest dal Cairo). Ha al suo interno un’azienda agricola di prim’ordine dove vengono coltivati viti, oliveti, palme da dattero, banani, frumento ecc. Per recarsi al monastero si attraversa la cittadina di Natrun, un paese desolato, senza verde. Ad un certo punto si arriva al perimetro esterno del monastero e si entra attraverso il cancello. Ecco il paradiso di Eden. Si entra in un altro mondo. Il prete che ci ha accompagnato durante la visita ci ha detto che 700 braccianti locali lavorano nell’azienda. Sembra Bonanza!

I monasteri copti del deserto stanno perdendo il loro fascino perché hanno costruito molti nuovi edifici, foresterie, nuove chiese, alloggi per i monaci ecc. Alcuni monasteri hanno negozi di souvenir. Nonostante ciò, vale sempre la pena visitarli. La chiesa di Sant’Antonio è un piccolo gioiello con affreschi riportati alla luce da un’equipe italiana. La chiesa di Santa Maria in Suriani a Wadi Natrun ha pure degli affreschi molto belli.
Ho chiacchierato troppo. Forse dovrei seguire questo proverbio arabo: “Cinque sono i gradi per giungere alla saggezza: tacere, ascoltare, ricordare, agire, studiare”.
Cari saluti a tutti, soprattutto ai miei compagni del Cairo!