sabato 9 agosto 2008

Calcutta


Una delle città indiane che preferisco è Calcutta. Si trova in una zona insana dal punto di vista climatico, tra il fiume Hooghly, un’insenatura acquitrinosa e una palude. La posizione fu scelta dal ‘fondatore’ Job Charnock, della Compagnia delle Indie, per motivi di sicurezza, in quanto era circondata dall’acqua. Dal fiume, la fuga era facile. E anche per la richezza della terra, allora cotone e soprattutto juta. Da piccolo villaggio, Calcutta è diventata una città dinamica, il centro culturale dell’India.
Tutti arrivano a Calcutta in aereo, che è molto più comodo che arrivare in treno (è noto che i treni indiani sono sempre in ritardo). In realtà per capire sin dall’inizio l’assetto della città bisognerebbe arrivare alla stazione storica di Howrah, come ho fatto io. È un po’ come Santorini: è comodo scendere in aereo, ma arrivare in nave o battello ed entrare nella caldera...beh è tutta un’altra cosa... Tornando a Calcutta, la stazione ferroviaria di Howrah è stata inaugurata il 1 Dicembre 1905 con, incredibilmente, 13 binari. È la seconda stazione più vecchia dell’India. Howrah si trova sulla sponda occidentale del fiume Hooghly, mentre Calcutta si trova sulla sponda orientale. Tra il 1937 e il 1943, gli inglesi costruirono il famoso ponte Howrah in acciaio, il simbolo di Calcutta, che collega le due sponde del fiume. Prima della costruzione del ponte Howrah c’era un ponte flottante. Arrivare alla stazione di Howrah è un’esperienza, non soltanto per la monumentalità della stazione stessa, ma anche per la vita caotica che si svolge al suo interno. Tutta l’India è lì dentro.
Arrivo dopo un ritardo spaventoso, scendo, ignoro i mendicanti (ma non c’è da temere, sono amichevoli), e appena fuori sul piazzale trovo centinaia (sembrano migliaia) di taxi gialli che attendono i clienti. Si sale e subito si attraversa il ponte Howrah. La stazione che si adagia sul fiume è ora alle spalle.
Sto entrando nella città britannica di Calcutta! Mi dispiace illudervi, ma Calcutta è l’unica città veramente britannica dell’India, nata da un aquitrino e diventata la capitale del raj britannico. Alla fine del 19seimo secolo fu la seconda città più grande dell’impero dopo Londra. Arrivare alla stazione è un inizio meraviglioso. Dopo questa forte emozione mi sono fatto portare in albergo. Il giorno dopo ho visitato la città coloniale, il museo e tante altre cose. Ricordate che Calcutta è la città di Tagore: poeta, scrittore, drammaturgo e filosofo appartenente a un’antica e ricchissima famiglia originaria del Bengala.
Un altro importante personaggio di Calcutta fu Swami Vivekananda (19° sec.), uno dei più famosi e importanti maestri del Vedanta (una tradizione spirituale all’interno dell’induismo) e di yoga. Fu il discepolo principale dei Ramakrishna, fondatore dell’ordine monastico di Ramakrishna Math e della missione di Ramakrishna. È una figura di spicco nella storia dei movimenti di riforma all’interno dell’indusimo. È molto interessante visitare la missione e il tempio, entrambi sul fiume Hooghly. Forse il personaggio più noto di Calcutta per noi occidentali è Madre Teresa di Calcutta che, in effetti, ha fatto un lavoro incredibile. Fu proprio Madre Teresa a fondare i primi lebbrosari intorno alla città e ad accogliere i moribondi per strada.
Sentire parlare di Calcutta evoca miseria, lebbrosi, medicanti, sporcizia, atroci sofferenze e criminalità. Ma in realtà non è così, la città è stata ripulita, non ci sono più le mucche per strada (poveracce: se le trovano vengono internate e, se non rivendicate, vengono macellate). Si trova qualche mendicante nelle vicinanze degli alberghi, ma la gente del marciapiede, cioé coloro che vivono all’aperto, non chiedono mai niente, sono fieri e lavorano. Non trovano casa, perché le case non ci sono, c’è poco spazio e gli affitti sono alti. Dove vanno? Prima sulla strada (devono pagare per stare sul marciapiede, anche se si tratta di una somma irrisoria) e poi, quando possono permetterselo, si trasferiscono in una bidonville. Abbiamo parlato già delle bidonville di Bombay, che sono delle vere e proprie città.
Insomma, Calcutta è una città non semplicemente da vedere, ma da scoprire. È interessante anche la zona universitaria. In College Street si trovano centinaia di negozietti che vendono libri di seconda mano. Nei paraggi si trova un ex-teatro diventato bar, dove si radunano gli studenti di giorno e i professori e gli intellettuali di sera. Il locale non è stato pitturato dai tempi della regina Vittoria, ma in compenso il caffè è molto buono. Vale la pena non fare un giro a volo d’uccello, ma assaporare Calcutta per quello che è: l’ex-capitale del raj britannico, centro di riforma religiosa e intellettuale.
Calcutta ha un’anima…ma bisogna trovarla!

lunedì 4 agosto 2008

Da Kashgar a Bishkek nel Kyrgyzstan

Non so mai come scrivere il nome di questa nazione, ci sono diverse possibilità. Forse è più facile scrivere e pronunciare Kyrgyz Republic (Repubblica Kirghisa). Comunque, essa fa parte degli stati indipendenti ex-URSS, e viene chiamato anche "Svizzera dell’Asia Centrale". In effetti, è un territorio prevalentemente montagnoso, credo per l’ottanta percento. Ci sono addiruttura vette che superano i settemila metri al confine con la Cina.
Qualche anno fa, dopo aver attraversato il famoso Khunjerab Pass tra Pakistan e Cina, scendemmo verso il bacino del Tarim, in Cina, per arrivare al famoso nodo carovaniero di Kashgar, noto per il suo enorme mercato domenicale di antica tradizione. Il mercato è cambiato da quando l’avevo visto ventitre anni fa. È stato rimodernato e diviso in più parti. Comunque è sempre un avvenimento settimanale molto importante per la gente del posto.
Da Kashgar, volendo, si può salire verso nord e attraversare la repubblica Kirghisa. La Repubblica Kirghisa è più attrezzata per alpinisti e trekkisti che per turisti o visitatori ‘normali’. Le sistemazioni logistiche sono spartane, ad eccezione della capitale Bishkek. Il percorso è duro su strade sterrate piene di buchi.
Riprendendo il viaggio che ho descritto qualche settimana fa lungo la Karakoroum, dal Pakistan e attraverso il passo Khunjerab, siamo arrivati a Kashgar per poi proseguire verso nord nella Repubblica Kirghisa. Siamo arrivati nel cuore del paese dove esiste un lago isolato senza alcuna abitazione. Che bello vedere i nomadi con le loro tende e cavalli intorno al lago! Abbiamo dormito in una grande yurta (tenda) composta da 8 o 10 brande, scomodissime. Il pomeriggio è stato soleggiato ma verso sera si è alzato un vento gelido. L’altitudine del lago, sui 3000 metri, è notevole, perciò anche d’estate ci può essere un vento gelido sferzante che ti penetra nelle ossa.
È duro arrivarci, è ancora più duro dormirci, ma la bellezza del lago e delle alture che si specchiano sul lago ripaga della sofferenza. All’alba sembra che le montagne che si specchiano nel lago siano tutt’uno con il lago, un quadro irreale di colori tenui e soffusi che ti prende nel profondo.
Non ci sono alberi, nemmeno uno, ma una verde prateria piena di cavalli allo stato brado circonda il lago… e, nonostante la sistemazione spartana in yurta, il luogo è veramente romantico. Infine siamo arrivati nella capitale Bishkek. Che peccato aver lasciato un posto così isolato, lontano dalla pazza folla, per tornare alla città in un bell’albergo! Almeno abbiamo fatto una super-doccia di mezz’ora, l’unica consolazione.
Ritrovare il silenzio del lago è musica per l’udito… sentire il nitrito dei cavalli, i bambini dei nomadi che giocano e le signore che preprarono il tè… ma probabilmente non siamo più abitutati. Nel silenzio sentiamo il silenzio, e questo ci spaventa.